A pochi chilometri dal Lago Maggiore, immerso nel verde della provincia di Varese, vive e si allena Badr Jaafari, 27 anni, nuovo Campione Italiano di mezza maratona e vice Campione Italiano di 10 km su strada. Il suo nome è salito alla ribalta dopo la vittoria a alla mezza maratona di Cremona, dove ha fermato il cronometro su in 1h01‘1‘48“, migliorando di 14 secondi il suo precedente primato personale. Dietro questo risultato c’è una storia fatta di sport, sacrifici, sogni, determinazione, umiltà e passione. Una storia che Badr ha raccontato con sincerità e profondità ai microfoni di The Running Club, rivelando una visione della corsa che va ben oltre l’aspetto agonistico: per lui, correre è una vera e propria metafora della vita.
Badr Jaafari non è cresciuto nell’atletica, e questo rende il suo percorso ancora più interessante. Prima di dedicarsi alla corsa, ha praticato pugilato per due anni e mezzo, ha giocato a calcio e ha fatto anche nuoto. “I miei genitori mi hanno sempre incentivato a muovermi, a non stare fermo”, racconta. Ha iniziato a correre a 19 anni, un’età considerata già “avanzata” per chi vuole arrivare a certi livelli. “In realtà io non l’ho mai considerata un’età tardiva – confessa -. Avevo già una buona base aerobica, soprattutto grazie al pugilato. Ci facevano correre tantissimo, lavoravamo sulla potenza aerobica e sulla resistenza. Quando mi sono presentato all’atletica, avevo già un motore ben costruito”.
E oggi sei arrivato al tuo primo titolo italiano e con un tempo di tutto rispetto. È anche il tuo personal best, giusto?
“La mezza di Reggio Emilia di due anni fa era una gara per il tempo, a Cremona invece contava la posizione. Ho corso con la testa da maratoneta, cercando di stare calmo, di non farmi prendere troppo dall’istinto. Chi mi conosce sa che tendo a osare troppo, a partire forte. A Cremona ho fatto un test mentale, oltre che fisico”.
Quando ci siamo visti a settembre mi avevi parlato della maratona. Ora è ufficiale: debutterai a Firenze?
“Esatto. Anche a Cremona ero già con la testa alla maratona. Volevo correre con quella mentalità: pazienza, gestione, controllo. La maratona è una gara che ti chiede tutto e devi essere pronto a darle tutto. È una distanza che non perdona e devi arrivarci con rispetto e preparazione”.
Negli ultimi anni ti sei dedicato esclusivamente alla corsa?
“Sì e ho avuto la mia prima convocazione in nazionale quest’anno, agli Europei. Ho corso i 10.000 metri. È stato un mix di emozioni forti, anche negative. La gara non è andata come speravo, ho sentito molta pressione e ho faticato a gestirla. Ma era un sogno che si realizzava. Condividerlo con persone a cui tengo, come Iliass Aouani, Ahmed Ouhda, Yohanes Chiappinelli, è stato speciale. E poi fare il giuramento con Nadia Battocletti come capitana, una delle punte mondiali dell’atletica, è stato un onore”.
Hai citato Nadia Battocletti e Iliass. L’atletica italiana sta vivendo un bel momento. E tu ne fai parte.
“Sì, è un onore far parte di questo gruppo. È bello vedere tanti nomi emergere. Io cerco di fare del mio meglio, e spero di continuare a crescere. L’atletica italiana sta vivendo una fase molto positiva e sento che anche io posso contribuire”.
Torniamo alla maratona. Firenze è una bella gara. Sei pronto?
“Sono tranquillo fuori, ma dentro sto esplodendo. Non vedo l’ora. Sarà una gara speciale, un momento importante. Quando finirà, mi guarderò indietro e dirò: ‘Oggi sono cambiato un po”. Non per il tempo o la posizione, ma per quello che la maratona mi avrà insegnato”.
In preparazione della maratona hai corso una mezza fortissima e anche i 10 km dei campionati italiani. Non è un po’ troppo?
“Ne ho parlato con il mio allenatore, Salah. Siamo su un filo di rasoio. Le gambe sono cariche, devo gestire bene le energie. La mezza era importante, ci tenevo quasi quanto alla maratona. C’era in palio il titolo. Ma ora devo gestire bene tutto in vista della maratona. Ogni gara è un tassello, ma bisogna sapere quando fermarsi”.

Parliamo di Salah. Ti allena da sempre?
“Lo conosco da quando ero piccolo. Era amico di mio cugino, anche lui atleta. Salah ha vissuto con Hicham El Guerrouj ed è venuto in Italia grazie all’atletica. Mi ha visto correre più volte alle gare del Piede d’Oro, quando facevo pugilato. Alla fine mi ha detto: ‘Vieni al campo, ti alleno’. Dopo nove mesi, i risultati erano già arrivati. Salah ha allenato atleti come Francois Marzetta, Manuel Zanini, Silvia Oggioni e molti altri. Ha occhio lungo, sa riconoscere il talento. E ha sempre creduto in me”.
Sei tesserato con Casone Noceto, ma non sei un atleta professionista.
“No, sono un amatore che ci ha creduto fino in fondo. Ho sempre lavorato. Ho provato a dedicarmi solo all’atletica per un periodo, ma non ha funzionato. Non ho ricevuto in cambio ciò che speravo. Alla fine, devi fare i conti con la realtà. Oggi lavoro in un negozio a Mendrisio. Grazie alla flessibilità concessa da Salomon e FoxTown, riesco a gestire settimane da 200 chilometri di corsa. Apriamo alle 11.00 e chiudiamo alle 19.00. A volte riesco ad allenarmi la mattina, altre volte faccio sessioni di quattro ore iniziando a mezzogiorno. È dura, soprattutto per la maratona, quando fai lunghi da 30-35 km e poi devi stare in piedi tutto il giorno. Ma è tutta una questione di equilibrio”.
Il recupero è fondamentale.
“Il recupero è il 50% dell’allenamento. Senza quello, rischi di farti più male che bene. Allenarsi è importante, ma lo è anche sapere quando fermarsi, quando ricaricare. È un concetto che spesso si sottovaluta, ma è cruciale”.
È la motivazione è il vero motore?
“Allenarsi è difficile, ma trovare la motivazione lo è ancora di più. A volte basta poco per cadere giù, per perdere la voglia. Devi sempre ricordarti perché lo fai, qual è il tuo obiettivo. La mezza di Cremona mi ha dato uno stimolo importante, anche se la maratona dovesse andare male, ho qualcosa che mi tiene su. E comunque vada sarà una bella esperienza. Ho visto un ragazzo correre la mezza a 5 minuti al chilometro ed era felicissimo. A me trasmette molto di più vedere atleti così, che si impegnano con il cuore, che lottano contro se stessi. Con tutto il rispetto per gli élite, ma quelle storie mi caricano. La maratona è una battaglia interiore e chi la affronta con coraggio merita rispetto. Io non riuscirei a stare quattro ore in gara, è una sfida mentale enorme”.
La maratona ti porta al limite e lì scopri chi sei davvero. È una gara che ti lascia qualcosa dentro. Non per il tempo o la posizione, ma per quello che ti insegna. È lì che scopri un pezzettino nuovo di te. È una trasformazione che avviene dentro e che ti accompagna anche dopo il traguardo. Il 30 novembre a Firenze sarà un giorno speciale.
“Sì, sarà il mio debutto. E so che sarà una giornata che ricorderò per sempre. Non vedo l’ora di scoprire cosa mi aspetta dopo il 30° chilometro. È lì che la maratona mostra il suo vero volto”.
Una storia per ispirare
La storia di Badr Jaafari è quella di un ragazzo che ha creduto nel sogno, che ha costruito il suo successo con dedizione, sacrificio e passione. Non è nato nell’atletica, ma ci è arrivato con il cuore. Non è un professionista, ma corre come tale. E soprattutto, ha rispetto per ogni persona che corre, a qualsiasi ritmo.
Il suo debutto nella maratona sarà un momento di svolta, ma il suo percorso è diventato già fonte di ispirazione per tanti. Perché la corsa, come la vita, è fatta di chilometri, di fatica, di sogni. E Badr Jaafari, con i suoi duecento chilometri a settimana, il lavoro in negozio e le forti emozioni che ha condiviso, ci ricorda che non serve essere un élite per essere grandi. Serve solo crederci davvero.

