The Running Club ha incontrato Tito Tiberti, delegato non Stadia di European Athletics, collaboratore Fidal e allenatore della Nazionale Italiana di Maratona. Con lui abbiamo affrontato un tema attualissimo e spesso sottovalutato, soprattutto dai runner amatori: le regole stabilite da World Athletics sull’utilizzo delle scarpe da corsa in gara. Si tratta di norme che non riguardano solo gli atleti professionisti, ma che possono avere implicazioni anche per chi corre solo per passione. Quali sono esattamente queste regole? Come vengono applicate e in quali contesti?
In questo articolo e nel video completo, disponibile sul nostro canale YouTube, troverete tutte le risposte ai dubbi più comuni, sia che siate runner amatori che corrono per diletto, sia che siate agonisti con l’obiettivo di migliorare le vostre prestazioni e puntare al risultato.
Benvenuto su The Running Club, Tito. Partiamo dalle basi: quali sono le regole fondamentali imposta da Fidal e World Atheltics sull’utilizzo delle scarpe da corsa in gara?
“L’articolo 5 del regolamento tecnico internazionale è molto chiaro e nasce dall’esigenza di garantire equità tra gli atleti, evitando che la tecnologia diventi un vantaggio sproporzionato. Le scarpe da gara devono rispettare tre condizioni essenziali. La prima riguarda lo spessore dell’intersuola, che non deve superare i 40 millimetri. Questo limite è stato introdotto per evitare che le scarpe diventino dei veri e propri strumenti di propulsione, alterando la natura della competizione. La seconda regola stabilisce che la scarpa possa contenere una sola piastra, che può essere in carbonio o in altro materiale, e questa piastra può coprire tutta la pianta del piede oppure solo una parte, ma non deve mai essere duplicata per creare un effetto molla. Infine, il terzo punto riguarda la disponibilità commerciale: il modello deve essere in vendita almeno un mese prima della gara, in modo che non si creino situazioni in cui solo pochi atleti privilegiati possano utilizzare prototipi non accessibili al pubblico”.
Questi 40 millimetri cosa comprendono esattamente?
“La misurazione è più complessa di quanto si pensi. Quando parliamo di 40 millimetri, ci riferiamo all’intera struttura della suola, quindi all’intersuola nella sua interezza e al battistrada esterno. Nel caso delle scarpe chiodate, si considera anche la piastra che ospita i chiodi, ma senza includere i chiodi stessi. Non viene invece conteggiata la soletta interna estraibile, quella che molti runner personalizzano per esigenze ortopediche. La misurazione avviene in due punti precisi: il centro del tallone e il centro dell’avampiede, calcolati rispettivamente al 12% e al 75% della lunghezza della soletta. Questo sistema serve a evitare equivoci e garantire uniformità nei controlli. In sintesi, tutto ciò che è parte integrante della suola rientra nel calcolo, compresi eventuali elementi plastici integrati”.
Se un atleta inserisce una soletta o un plantare personalizzato, è ancora regolare?
“In linea generale sì, perché la soletta non incide sullo spessore complessivo della scarpa. Tuttavia, per le competizioni di massimo livello, come Olimpiadi, Mondiali e tutte le gare inserite nel circuito World Athletics, ogni modifica deve essere valutata e approvata dal comitato tecnico. Questo perché una soletta particolare potrebbe alterare la biomeccanica del piede e fornire un vantaggio non previsto dal regolamento”.
Parliamo della piastra: basta che non siano due sovrapposte, giusto?
“Esattamente. Il problema nasce quando due piastre vengono combinate per creare un effetto elastico e restituire energia in modo eccessivo. La regola è semplice: una sola piastra, indipendentemente dal materiale, e nessuna sovrapposizione che possa trasformare la scarpa in una sorta di molla o trampolino”.
Come facciamo a sapere se una scarpa è utilizzabile in gara?
“World Athletics ha messo a disposizione una piattaforma ufficiale, accessibile a tutti, che si chiama ChertCheck. Questo strumento è stato creato per garantire la massima trasparenza e uniformità nell’applicazione delle regole. Attraverso il sito, ogni atleta, allenatore o appassionato può verificare in modo semplice se un determinato modello di scarpa è stato approvato per l’uso in gara e, soprattutto, da quale data è consentito utilizzarlo. Il produttore comunica a World Athletics la data di immissione sul mercato del modello, e l’organismo internazionale stabilisce che la scarpa diventi ufficialmente utilizzabile in competizione dopo un periodo minimo di un mese. Questo intervallo serve a garantire che il prodotto sia realmente disponibile per tutti e non solo per pochi atleti privilegiati che potrebbero accedere a prototipi esclusivi. In questo modo si evita qualsiasi vantaggio competitivo derivante dall’uso di calzature non ancora distribuite al pubblico, preservando l’equità delle gare e la credibilità dei risultati”.
Se un modello non è in lista, non è possibile usarlo?
“No, almeno non nelle gare che producono ranking internazionale, come maratone, mezze maratone e tutte le competizioni omologate. Questa regola è valida per tutti, indipendentemente dal livello dell’atleta o dal tempo che intende realizzare. Anche chi corre lentamente, infatti, è tenuto a rispettare le norme, perché il principio di equità non fa distinzione tra professionisti e amatori. Detto questo, è vero che per i runner non élite i controlli sono meno frequenti e meno rigidi: i giudici si concentrano soprattutto sugli atleti di vertice o su chi ottiene prestazioni di rilievo ai fini del ranking. In pratica, se affronti una maratona con l’obiettivo di chiuderla in quattro ore, è molto improbabile che qualcuno verifichi le tue scarpe. Tuttavia, per correttezza sportiva e per rispetto verso gli altri partecipanti, sarebbe sempre opportuno attenersi alle regole”.
E il controllo come avviene?
“Il controllo delle scarpe non è un’operazione che coinvolge tutti gli atleti indistintamente, ma viene effettuato in maniera selettiva e sempre dopo la conclusione della gara. Non si tratta quindi di un’ispezione sistematica, bensì di verifiche a campione, stabilite in base al livello della competizione. Nelle gare internazionali, ad esempio, vengono controllate le scarpe di sette atleti, mentre nelle competizioni nazionali il numero scende a cinque e nelle manifestazioni di livello inferiore si arriva a tre controlli. Questo sistema consente di garantire il rispetto delle regole senza rallentare lo svolgimento delle gare e senza creare disagi agli atleti. Tuttavia, il controllo non si limita ai casi selezionati: può essere disposto anche su segnalazione, qualora un giudice noti una scarpa sospetta o un concorrente segnali un’irregolarità. I giudici addetti al controllo sono molto attenti e, se ritengono che un modello non sia conforme, possono intervenire immediatamente dopo la gara per effettuare la misurazione. In sintesi, il principio è chiaro: il regolamento vale per tutti, ma la verifica è mirata e si concentra soprattutto sugli atleti di vertice o su chi ottiene prestazioni rilevanti ai fini del ranking”.
Nella lista di World Athletics sono presenti esclusivamente le scarpe da gara. E le scarpe da allenamento? Possono essere utilizzate in gara?
“Le scarpe da allenamento non compaiono nelle liste ufficiali di World Athletics, e questo è perfettamente comprensibile: non sono progettate per la competizione, ma per sostenere il carico quotidiano degli allenamenti. Tuttavia, molti runner amatori si chiedono se sia possibile utilizzarle anche in gara. La risposta è sì, ma a una condizione: devono rispettare i criteri fondamentali previsti dal regolamento. In pratica, lo spessore dell’intersuola non deve superare i 40 millimetri, la scarpa deve contenere al massimo una sola piastra e deve essere disponibile sul mercato, quindi non un prototipo riservato a pochi. Questo significa che, se avete un modello di allenamento recente che rientra in questi parametri, potete utilizzarlo senza problemi. Inoltre, c’è un’eccezione interessante: tutti i modelli prodotti prima del 2016 sono considerati liberi, quindi se nel vostro armadio avete una scarpa vintage, potete portarla in gara senza alcuna restrizione”.
Un runner che corre la maratona in 4 ore con scarpe da allenamento alte più di 40 mm rischia qualcosa?
“In teoria la risposta è sì, perché il regolamento internazionale è molto chiaro e non lascia spazio a interpretazioni: una scarpa con un’intersuola superiore ai 40 millimetri non è considerata conforme. Tuttavia, nella pratica quotidiana delle gare amatoriali, la situazione è diversa. Se parliamo di un runner che corre una maratona in quattro ore, difficilmente sarà sottoposto a un controllo specifico, perché i giudici concentrano le verifiche sugli atleti élite o su chi ottiene prestazioni di rilievo ai fini del ranking. Il rischio di essere controllati aumenta solo in due circostanze: se l’atleta conquista un premio di categoria, quindi entra in una classifica che conta, oppure se qualcuno segnala la possibile irregolarità. In quel caso i giudici hanno il potere di intervenire e verificare la scarpa. Se la misura supera il limite consentito, non si parla di squalifica vera e propria, ma il tempo registrato non verrebbe omologato e il risultato ufficiale sarebbe annullato. Questo significa che non si perde il diritto di partecipare alla gara, ma si perde la validità del cronometraggio e, di conseguenza, ogni eventuale riconoscimento legato alla prestazione”.
Abbiamo parlato fino ad ora di scarpe per la corsa su strada. Le regole cambiano per pista e cross?
“Sì, e in modo significativo. Per le competizioni su pista, il regolamento è molto più restrittivo: lo spessore massimo consentito per l’intersuola è di 20 millimetri, un limite che si applica a tutte le specialità, dalle corse veloci alle gare di mezzofondo. Anche in questo caso è obbligatorio che la scarpa abbia una sola piastra e che il modello sia stato reso disponibile sul mercato almeno un mese prima della gara. Nel cross, invece, la situazione è più flessibile: se si utilizzano scarpe senza chiodi, il limite di spessore torna a essere quello previsto per le gare su strada, cioè 40 millimetri. Questa differenza è motivata dal tipo di terreno, che nel cross è irregolare e richiede maggiore ammortizzazione per proteggere il piede e ridurre il rischio di infortuni. In altre parole, il regolamento cerca di bilanciare le esigenze di sicurezza con quelle di equità, adattando le norme alle caratteristiche delle diverse discipline”.
Le regole valgono sia per atleti master che per atleti assoluti?
“Sì, per i master valgono le stesse regole degli assoluti, ma con una precisazione importante: tutto dipende dal tipo di competizione a cui partecipano. Se un atleta master prende parte a un meeting assoluto, dove gareggiano anche categorie élite e la manifestazione produce ranking internazionale, deve rispettare integralmente il regolamento, quindi spessore massimo di 20 millimetri per le scarpe da pista e tutte le altre norme previste da World Athletics. In questo caso non ci sono eccezioni, perché la gara è considerata ufficiale e le regole sono uguali per tutti. Diverso è il discorso per le manifestazioni esclusivamente dedicate ai master, che non producono ranking internazionale: in queste competizioni la flessibilità è maggiore e, pur restando il principio generale di conformità, è consentito utilizzare scarpe stradali o da allenamento, purché non superino i 40 millimetri di spessore. In sintesi, la norma è la stessa, ma il livello di applicazione cambia in base al contesto della gara”.
Passiamo all’ultima grande categoria di scarpe, quelle dedicate al trail running. Per quanto riguarda le gare di corsa in montagna e trail, quali sono le regole in vigore?
“Il mondo del trail running è decisamente meno regolamentato rispetto alle gare su strada o in pista. Non esistono limiti precisi sullo spessore dell’intersuola, il che significa che i produttori hanno maggiore libertà nel progettare scarpe con livelli di ammortizzazione più elevati, pensati per affrontare terreni sconnessi e lunghe distanze. Tuttavia, restano alcuni vincoli fondamentali per garantire la correttezza della competizione: la scarpa deve avere una sola piastra, senza sovrapposizioni che possano creare un effetto molla e alterare la naturale dinamica della corsa, e deve essere disponibile sul mercato, quindi non un prototipo riservato a pochi atleti. Inoltre, l’a ‘intersuola deve essere realizzata come un pezzo unico, priva di parti mobili o elementi separati che possano generare vantaggi meccanici non previsti. Questa regola serve a evitare soluzioni troppo sofisticate che snaturerebbero la disciplina, la cui essenza è affrontare la natura con mezzi semplici e nel rispetto delle capacità fisiche dell’atleta”.
Qual è il ruolo di Fidal e World Athletics nel dialogo con i produttori per garantire il rispetto delle regole?
“Esiste una collaborazione costante e strutturata tra World Athletics e i principali brand che non si limita a imporre regole rigide dall’alto, ma mantiene un dialogo aperto e continuo con le aziende, con l’obiettivo di favorire l’innovazione tecnologica senza compromettere l’equità delle competizioni. Questo rapporto è fondamentale perché il progresso nel settore delle calzature è rapidissimo e ogni anno emergono soluzioni che possono migliorare le prestazioni degli atleti. Per questo motivo, la gestione dei prototipi avviene in maniera quasi collegiale: i produttori presentano i nuovi modelli a World Athletics, che li analizza e li approva, indicando non solo la data a partire dalla quale possono essere utilizzati in gara, ma anche una data di scadenza, perché si tratta di prodotti sperimentali destinati a test e ricerche. Questo sistema consente di introdurre gradualmente nuove tecnologie, monitorandone l’impatto sulle prestazioni e garantendo che nessun atleta ottenga vantaggi sproporzionati. In altre parole, World Athletics svolge un doppio ruolo: da un lato è garante delle regole e dell’equità sportiva, dall’altro è promotore del progresso, perché dialoga con i brand per spingere lo sport verso nuovi traguardi, senza snaturarne la natura competitiva”.
Ritieni che ci saranno cambiamenti in futuro?
“Probabile. La tecnologia evolve rapidamente e, se emergono soluzioni troppo vantaggiose, serviranno nuove regole. Al momento, però, si è raggiunto un equilibrio che sembra soddisfare sia gli atleti sia i produttori: il limite di 40 millimetri per le scarpe da strada e quello di 20 millimetri per le scarpe da pista rappresentano una semplificazione importante rispetto al passato, quando le regole erano più frammentate e variavano in base alla specialità. Questa uniformità consente ai brand di progettare modelli conformi senza dover affrontare complicazioni regolamentari e permette agli atleti di sapere con chiarezza quali sono i parametri da rispettare. In sostanza, oggi il sistema è più semplice e trasparente, ma resta aperto alla possibilità di ulteriori modifiche, perché il progresso tecnologico non si ferma e il compito di World Athletics è proprio quello di bilanciare innovazione e correttezza sportiva”.

