Chi corre da un po’ di anni lo sa: prima o poi, arriva un momento in cui, nonostante l’impegno, i chilometri macinati e la costanza negli allenamenti, i miglioramenti sembrano svanire. I tempi non si abbassano più, la sensazione di leggerezza si affievolisce e la motivazione inizia a vacillare. È il famigerato “plateau” del runner, una fase in cui la progressione si arresta e ogni sforzo sembra vano. Ma perché succede? E soprattutto, come si può superare? Scopriamolo insieme…
L’illusione del “più corro, più miglioro”
Uno degli errori più comuni tra i runner, soprattutto quelli autodidatti, è pensare che basti correre di più per migliorare. In realtà, il corpo umano ha bisogno di stimoli variati per adattarsi e crescere. Correre sempre allo stesso ritmo, sugli stessi percorsi e con la stessa intensità porta inevitabilmente a una stagnazione. Il nostro organismo si abitua, si adatta e smette di evolversi. È come se dicesse: “Questo lo so già fare, non ho bisogno di cambiare”.
Per uscire dal plateau, è fondamentale introdurre varietà. Questo significa alternare allenamenti lenti a sessioni di qualità come ripetute, fartlek, progressivi e lavori in salita. Ogni stimolo diverso costringe il corpo a reagire, a riorganizzarsi, a diventare più efficiente. Anche il semplice cambio di superficie – passare dall’asfalto al trail, ad esempio – può rappresentare un nuovo stimolo utile.
Il ruolo sottovalutato della forza
Un altro aspetto spesso trascurato è l’allenamento della forza. Molti runner lo evitano per paura di “appesantirsi”, ma è un errore. Il corpo umano funziona attraverso catene cinetiche: sistemi integrati di muscoli, articolazioni e tessuti connettivi che lavorano in sinergia per generare movimento . Se una parte della catena è debole, le altre devono compensare, generando squilibri, perdita di efficienza e, spesso, infortuni.
Allenare la forza – soprattutto quella funzionale – significa migliorare la stabilità, la potenza e la coordinazione. Bastano due o tre sessioni a settimana con esercizi multiarticolari, elastici, kettlebell o a corpo libero per fare la differenza. Una catena è forte quanto il suo anello più debole, e nella corsa ogni debolezza si paga in termini di prestazione.
Il recupero: l’allenamento invisibile
Un altro motivo per cui non si migliora più è la mancanza di recupero. In un’epoca in cui si glorifica il “no days off”, il riposo viene spesso visto come una debolezza. In realtà, è durante il recupero che il corpo assimila gli stimoli dell’allenamento e si rigenera. Senza un adeguato riposo, si entra in uno stato di sovraccarico cronico che porta a stanchezza, calo della performance e, nei casi peggiori, infortuni.
Dormire bene, alternare settimane di carico a settimane di scarico e inserire giornate di riposo attivo (come camminate o yoga) sono strategie fondamentali per permettere al corpo di migliorare.
La mente conta (più di quanto si possa pensare)
Anche la componente mentale gioca un ruolo cruciale. Correre sempre con l’ansia del cronometro, senza mai ascoltare il proprio corpo, può portare a un logoramento psicologico. La corsa dovrebbe essere anche piacere, esplorazione, libertà. Quando diventa solo prestazione, si rischia di perdere la motivazione e, con essa, la capacità di migliorare.
Imparare ad alternare allenamenti strutturati a corse libere, senza obiettivi, può aiutare a ritrovare il piacere della corsa e a sbloccare quei meccanismi mentali che spesso limitano la performance.
L’ambiente e le condizioni esterne
Non bisogna dimenticare che anche fattori esterni possono influenzare la performance. Le alte temperature, ad esempio, hanno un impatto diretto sulla capacità del corpo di correre in modo efficiente. Il caldo aumenta la sudorazione, altera l’equilibrio elettrolitico e può portare a un affaticamento precoce. In questi casi, è normale non migliorare, anzi, è già un successo mantenere i propri standard.
Adattarsi al clima, correre nelle ore più fresche, idratarsi correttamente, sono accorgimenti semplici ma efficaci.
La tecnica di corsa: un dettaglio che fa la differenza
Spesso si pensa che la tecnica sia un affare da professionisti. In realtà, anche i runner amatoriali possono trarre enormi benefici da un’analisi biomeccanica. Una postura scorretta, un appoggio inefficiente o una falcata troppo lunga possono compromettere la performance e aumentare il rischio di infortuni.
Lavorare sulla tecnica – magari con l’aiuto di un coach o attraverso esercizi specifici – permette di correre in modo più fluido, economico e sicuro. E questo, nel lungo periodo, si traduce in miglioramenti concreti.
L’età e la fisiologia individuale
Infine, va considerato che ogni corpo ha i suoi limiti. Con l’avanzare dell’età, è normale che i miglioramenti diventino più lenti e meno evidenti. Ma questo non significa che non si possa più progredire. Significa solo che bisogna cambiare approccio: puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità, ascoltare il proprio corpo, accettare i propri ritmi.
Anche la genetica gioca un ruolo: non tutti hanno la stessa predisposizione alla corsa. Ma ognuno può migliorare rispetto a sé stesso, ed è questo l’obiettivo più sano e sostenibile.
Il miglioramento è un percorso, non una linea retta
In definitiva, se non si migliora più nella corsa, le cause possono essere molteplici: monotonia negli allenamenti, mancanza di forza, recupero insufficiente, stress mentale, condizioni ambientali sfavorevoli, tecnica inefficiente o semplicemente limiti fisiologici. Ma la buona notizia è che, con consapevolezza e strategia, è possibile superare il plateau.
La corsa non è solo una questione di gambe, ma di equilibrio tra corpo, mente e ambiente. E migliorare non significa solo correre più veloce, ma anche sentirsi meglio, più forti, più consapevoli.