La maratona di Parigi è la prima grande 42K che, a partire dalla prossima edizione datata 2026, ha deciso iniziare una piccola-grande rivoluzione. Lungo il percorso, infatti, non si troveranno più i classici bicchieri di plastica né le bottigliette d’acqua che da sempre accompagnano i runner ad ogni ristoro. Al loro posto, solo borracce personali da riempire ai punti di idratazione. Una svolta decisamente importante e impattante per uno degli eventi sportivi più partecipati al mondo.
Perché questa scelta? La risposta è semplice: ridurre l’impatto ambientale. Ogni anno, durante le grandi maratone, milioni di bicchieri e bottigliette finiscono per terra, creando un problema di rifiuti enorme. Nonostante gli sforzi per il riciclo, la logistica è complessa e i tempi stretti per il recupero prima della riapertura delle strade, non permettono una gestione ottimale. Parigi con questa decisione vuole dimostrare che è possibile correre rispettando il pianeta.
Gli organizzatori hanno sottolineato come la città, già protagonista delle Olimpiadi 2024, voglia mantenere un ruolo guida nell’innovazione sportiva e ambientale. “Non possiamo più ignorare l’impatto delle nostre scelte”, hanno dichiarato. La maratona diventa così un laboratorio di sostenibilità, con l’obiettivo di ispirare altre competizioni nel mondo.
Cosa comporta per gli atleti
Ma cosa implica, in concreto, affrontare una maratona senza poter contare sui tradizionali bicchieri e bottigliette? Gli atleti, se vorranno bere lungo il percorso, dovranno portare con sé una borraccia leggera, come quelle già utilizzate da molti appassionati di trail running, studiata per essere ergonomica e facile da trasportare e da riempire. Lungo il percorso saranno installate stazioni di rifornimento con sistemi a flusso rapido, pensati per ridurre i tempi di sosta. Dopo il passaggio alla mezza maratona, l’organizzazione intensificherà i punti di ristoro, con stazioni di rifornimento collocate ogni 2-2,5 chilometri lungo il percorso. Una decisione che, però, modifica radicalmente la strategia di gara. Non sarà più possibile afferrare al volo un bicchiere e continuare a correre: occorrerà fermarsi, forse persino attendere in coda, anche solo per pochi secondi, per riempire la borraccia. Un dettaglio che potrebbe pesare più di quanto si immagini.
Se per i runner amatori più lenti, quelli che si trovano nelle retrovie e che spesso sono già abituati a soste più lunghe ai punti di ristoro, questa novità potrebbe avere un impatto minimo, la situazione cambia radicalmente per i podisti più competitivi. Per chi corre con un approccio agonistico, ogni secondo conta e la regolarità del ritmo è fondamentale. Fermarsi anche solo per pochi istanti significa spezzare il ritmo di corsa, interrompere la concentrazione e perdere secondi preziosi che possono fare la differenza tra un un nuovo pb e una delusione.
Inoltre, il rischio di confusione ai punti di rifornimento non è da sottovalutare: code improvvise e rallentamenti potrebbero creare situazioni caotiche, penalizzando tutti. A tutto questo si aggiunge un ulteriore elemento: la necessità di correre per 42 chilometri con una borraccia tra le mani o agganciata alla vita. Un dettaglio che, per molti, non è affatto trascurabile.
Le critiche alla scelta di Parigi
Non tutti applaudono. Le critiche arrivano da più fronti. Oltre alle problematiche già citate legate alla singola prestazione, molti sostengono che la decisione sia più ideologica che pratica, e che penalizzi gli atleti senza risolvere davvero il problema. I detrattori sostengono che il vero impatto ambientale di una maratona non sono i bicchieri, ma i viaggi dei partecipanti e la produzione di tutte le attrezzature necessarie per correre, a partire dalle scarpe.
Non mancano le perplessità, soprattutto sul fronte della sicurezza. Fermarsi ai punti di rifornimento, infatti, potrebbe generare ingorghi e rallentamenti improvvisi, aumentando il rischio di cadute e contatti tra i runner, soprattutto nelle prime fasi della gara quando il gruppo è ancora compatto. Una situazione che richiede una gestione impeccabile da parte degli organizzatori per evitare incidenti. A questo si aggiunge un tema delicato: la gestione delle borracce personali. Garantire standard igienici elevati non sarà semplice, perché ogni stazione dovrà assicurare che i sistemi di riempimento non diventino veicolo di contaminazioni.
Infine, c’è chi teme che questa scelta possa ridurre il fascino della competizione. Alcuni runner potrebbero preferire maratone più tradizionali, dove la logistica è semplice e collaudata, spostando così l’interesse verso eventi che non adottano misure così radicali.
Parigi ha fatto una grossa scommessa. Se l’esperimento dovesse funzionare, altre competizioni potrebbero seguirne l’esempio. Tuttavia, il percorso non sarà privo di ostacoli: le incognite organizzative e le reazioni degli atleti restano tutte da verificare.
Dal nostro punto di vista, questa scelta appare come una complicazione forse evitabile, un cambiamento che rischia di rendere più complessa una gara difficile di per sé. Eppure, non possiamo negare la curiosità di vedere come si evolverà la situazione e quali saranno le risposte delle diverse categorie di runner, dagli amatori più lenti agli agonisti. Au revoir…

