Anna Zilio e Alberto Zordan, due maratoneti veneti del Team Km Sport, sono morti nel sonno a distanza di poche settimane, in circostanze simili e ancora inspiegabili (leggi qui l’articolo completo). Le Procure di Verona e Vicenza hanno aperto due fascicoli d’indagine, senza indagati, con l’obiettivo di fare luce su quanto accaduto. Le indagini, nelle ultime ore, si sono concentrate su un aspetto in particolare: i certificati medici agonistici, obbligatori per partecipare a gare della federazione. Secondo quanto emerso, il certificato di Alberto Zordan era valido fino a gennaio 2026 e risultava regolare. Diversa la situazione di Anna Zilio: per lei, gli investigatori hanno rintracciato un documento risalente al 2021, anno in cui aveva sospeso l’attività sportiva per problemi di salute. Non è chiaro se fosse stato rinnovato successivamente e questo ha sollevato dubbi sulla sua idoneità al momento della morte.
Anna, oltre a essere atleta, lavorava anche come segretaria del Team Km Sport e si occupava personalmente dell’inserimento dei certificati nel sistema informatico federale. Proprio questa sua funzione è ora al centro delle verifiche: gli inquirenti vogliono capire se ci siano state irregolarità, omissioni o errori nella gestione dei documenti.
Cosa succede se un certificato medico è falso?
La presentazione di un certificato medico falso, o la sua falsificazione, soprattutto in ambito sportivo, non è una semplice irregolarità amministrativa: è un reato penale che può avere conseguenze gravi, sia per chi lo produce sia per chi lo utilizza. In Italia, il Codice Penale distingue tra falsità materiale e falsità ideologica. Nel primo caso, si tratta di un documento contraffatto nella sua forma, ad esempio un certificato creato da zero o modificato digitalmente. Nel secondo, il contenuto è falso, ma il documento è formalmente autentico, come quando un medico attesta una condizione di salute non veritiera.
Se il certificato è stato falsificato da un privato cittadino, si configura il reato di falsità materiale commessa da privato (art. 482 c.p.), punibile con la reclusione fino a due anni. Se invece è un medico a redigere un certificato falso, si parla di falsità ideologica in atto pubblico (art. 479 c.p.), con pene che possono arrivare fino a sei anni. In entrambi i casi, il documento perde ogni validità e può essere oggetto di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria.
Nel contesto sportivo, le conseguenze si estendono anche al piano disciplinare. Le federazioni, come la FIDAL (la Federazione Italiana di Atletica Leggera), prevedono sanzioni severe per chi partecipa a gare con certificati non validi o contraffatti. L’atleta può essere sospeso, radiato o escluso dalle competizioni, mentre la società sportiva può subire multe, revoche di affiliazione o controlli straordinari. Inoltre, in caso di infortuni o decessi, la presenza di un certificato falso può aggravare la posizione legale di tutti i soggetti coinvolti.
Le responsabilità del Presidente della società sportiva
Nel caso in cui emerga che un certificato medico sia falso, scaduto o non conforme, le responsabilità non si fermano all’atleta. Anche il responsabile della società sportiva – normalmente il Presiedente – può essere chiamato a rispondere, sia in sede penale che civile. La legge impone alle associazioni e ai team sportivi di verificare la validità dei certificati medici dei propri tesserati, prima di consentire loro di partecipare ad allenamenti e competizioni. Questa responsabilità non è solo morale, ma giuridica.
Se il Presidente o il responsabile amministrativo ha omesso controlli, ha accettato documenti non validi o ha inserito dati falsi nei sistemi federali, può essere accusato di omissione di controllo, falso ideologico o, nei casi più gravi, di lesioni colpose o omicidio colposo. La giurisprudenza italiana ha già affrontato casi simili, in cui la negligenza nella gestione dei certificati medici ha portato a condanne penali, soprattutto quando l’omissione ha avuto conseguenze dirette sulla salute degli atleti.
Nel caso di Anna Zilio, che ricopriva anche il ruolo di segretaria del Team Km Sport e si occupava dell’inserimento dei certificati nel portale FIDAL, gli inquirenti stanno valutando se ci siano state irregolarità nella gestione dei documenti. Se dovesse emergere che un certificato è stato inserito senza essere valido o che è stato utilizzato un documento non aggiornato, le responsabilità potrebbero estendersi anche alla società sportiva e ai suoi dirigenti.
Inoltre, le famiglie delle vittime potrebbero avviare azioni legali, qualora si dimostrasse che la morte è stata favorita da una gestione negligente della documentazione sanitaria. In questo scenario, il danno non sarebbe solo reputazionale, ma anche economico e soprattutto giuridico.

