La maratona non perdona. Lo sa bene Yeman Crippa, che a Tokyo ha vissuto una delle esperienze più dure della sua carriera. Non è stato il corpo a tradirlo, ma la mente. In una dichiarazione sincera e intensa pubblicata su Instagram (vedi qui sotto), l’azzurro ha raccontato senza filtri il suo stato d’animo dopo la gara, offrendo uno spaccato raro e prezioso sulla vulnerabilità degli atleti di alto livello.
“Entrare in gara con la giusta mentalità può fare la differenza tra chiudere con una medaglia o fermarsi sul più bello”, ha scritto Crippa. Parole che risuonano forti, soprattutto in una disciplina come la maratona, dove la tenuta mentale è spesso più decisiva della condizione fisica. A Tokyo, il problema non è stato muscolare o tecnico. È stata la fatica mentale a prendere il sopravvento, a spegnere la lampadina, a rendere vano ogni tentativo di ripartenza.
Crippa ha voluto sfatare un mito: quello dell’atleta sempre sicuro, sempre pronto, sempre invincibile. “Dagli allenamenti e dai risultati può sembrare che sia tutto in discesa – ha ammesso – ma queste due gare mi hanno insegnato che anch’io posso essere vulnerabile”. Un messaggio potente, che parla di umanità, di crescita, di consapevolezza. Perché è proprio nel riconoscere i propri limiti che si costruisce la vera forza.
Nonostante la delusione, Crippa non lascia spazio ai rimpianti. Sa quanto ha lavorato, quanto ha investito, quanto ha creduto. E proprio per questo ogni errore diventa esperienza, ogni stop un nuovo punto di partenza. “La maratona rimane il mio obiettivo, con ancora più convinzione di prima”, ha scritto, lasciando intendere che Tokyo non è una fine, ma un passaggio. Un momento difficile, sì, ma anche un’occasione per ripartire con maggiore determinazione.
Nel suo messaggio, Yeman non dimentica chi lo sostiene ogni giorno. Un ringraziamento sentito a chi gli è vicino, e un applauso ai compagni di squadra Iliass Aouani, bronzo a Tokyo, e Yohanes Chiappinelli, sesto assoluto, che hanno saputo onorare il tricolore. Un gesto di sportività e di rispetto che conferma, ancora una volta, la grandezza di un atleta che non si misura solo con i risultati, ma anche con le parole e con i valori.