Mancano ormai pochi giorni all’attesissimo appuntamento con l’UTMB. Proprio a Chamonix, patria dell’Ultra Trail du Mont-Blanc, grazie al supporto di Hoka, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare uno dei loro atleti di punta, destinato a essere protagonista nella prossima CCC, la 100 km dell’UTMB: Francesco Puppi, reduce dal recente trionfo alla Transgrancanaria 2025.
Con Francesco abbiamo scambiato qualche parola sulla sua nuova avventura come atleta professionista di trail running con Hoka, sui cambiamenti che questa scelta ha portato nella sua quotidianità, sulle nuove calzature e tecnologie che ha avuto modo di scoprire e utilizzare in questi primi mesi, sulla sua esperienza internazionale tra Stati Uniti ed Europa e sulle gare che lo attendono nel prossimo futuro, ma anche in prospettiva più lontana. Ecco cosa ci ha raccontato…
Intervista a Francesco Puppi
Ciao Francesco e grazie per la tua disponibilità. Da gennaio sei entrato nel team Hoka. Ti senti cambiato come persona?
“Mi sento sempre me stesso, ma con una consapevolezza diversa. Forse più sicuro, più sereno. Il passaggio a Hoka ha avuto un impatto importante: ha migliorato il mio benessere, la qualità degli allenamenti, e mi ha dato strumenti nuovi per raccontarmi. Non credo nei cambiamenti improvvisi, ma in un’evoluzione continua. Oggi ho più mezzi per esprimere chi sono, e questo mi ha aiutato a far emergere la mia identità in modo più autentico. Credo che sia il risultato di un percorso. Quando hai la possibilità di raccontarti con onestà, le persone entrano davvero in contatto con te. Prima questo accadeva meno. Ora sento che c’è più spazio per la mia voce, e questo è molto importante per me, sia come atleta che come persona”.
Hai corso molto in Nord America. Quali sono le principali differenze rispetto all’Europa?
“Ce ne sono molte. Negli Stati Uniti il trail ha radici profonde nell’ultrarunning, con percorsi lunghi e ambienti molto vari: dai deserti alle montagne. In Europa siamo più legati alla corsa in montagna, allo skyrunning, all’ambiente alpino. Anche l’approccio è diverso: in America c’è meno pressione, meno agonismo. Le gare sono spesso vissute come momenti di condivisione, quasi come feste. In Europa, invece, c’è più concentrazione, più competizione. Una mia amica che è venuta in Italia a correre la Lavaredo Ultra Trail mi ha raccontato di essere rimasta sorpresa dal fatto che nessuno parlasse durante la gara, ognuno era focalizzato solo su se stesso. Negli Stati Uniti invece c’è più interazione, più supporto tra atleti. Qui a volte manca quel senso di comunità che oltre oceano è molto forte”.
E a livello di atleti d’élite?
“In Europa siamo più avanti. Abbiamo gare di altissimo livello ogni weekend. Negli USA ce ne sono meno, ma sanno valorizzarle molto bene. Sono bravi a raccontare le loro storie, a costruire un’immagine attorno agli eventi. Noi europei, pur avendo una scena più ricca, rischiamo di perdere visibilità. È un peccato, perché abbiamo tanto da offrire”.
Come vedi il trail e l’ultratrail running in Italia oggi?
“Lo vedo in crescita. I numeri parlano chiaro: c’è più partecipazione, più interesse. È bello vedere il mio sport diventare popolare. A livello giovanile ci sono talenti promettenti, e questo mi dà speranza. Io ormai sono della seconda generazione, ho 33 anni, e sono felice di vedere ragazzi motivati che colgono opportunità che io non ho potuto avere. Mi piacerebbe vedere più partecipazione femminile: lì siamo ancora indietro. Ma alla fine è uno sport individuale, e ognuno deve fare la propria parte”.
La corsa è lo sport individuale per eccellenza, ma poi le gare si fanno con altri, con i compagni di squadra, con chi sfidi. Quanto ha influito la community Hoka sul tuo percorso?
“Tantissimo. Io sono abituato ad allenarmi tanto da solo e farlo con altri atleti ha cambiato la mia routine. Condividere la fatica rende tutto più leggero. Hoka ha il trail nel suo DNA, e questo si sente. Con Nike ero uno dei tanti, qui mi sento più valorizzato, supportato, parte di qualcosa. C’è attenzione, supporto, ascolto. E questo fa la differenza, soprattutto nei momenti difficili”.
Parliamo di scarpe. Quali sono i modelli Hoka preferisci e che stai utilizzando?
“Hoka ha una gamma molto ampia e ben studiata. Nel trail non esiste una scarpa ‘all around’. La cosa che apprezzo di più è la varietà: ogni atleta può trovare il modello giusto per sé e per le condizioni specifiche. Io uso più di dieci modelli tra trail e strada. Per la CCC e i Mondiali userò la Hoka Tecton X 3, sviluppata con Jim Walmsley. È una scarpa versatile, reattiva, con inserti in carbonio. Qui al training camp si parla tanto di prodotto, si vedono prototipi, ti viene voglia di provarli. È una fortuna essere sponsorizzato e poter accedere a scarpe che altri non hanno. Non sono ancora abituato a dire: ‘Ho questa esigenza, aiutami a costruire questa scarpa’, ma potrebbe essere interessante farlo”.
Hai sempre portato avanti il concetto “All surfaces, all distances”. Hai ancora voglia di correre su strada?
“Sì, ogni tanto penso alla maratona. È una gara unica, diversa da tutte le altre, anche nella preparazione. Ora il focus è sul trail, ma se una gara su strada può aiutare la preparazione, la prendo in considerazione. Mi piacerebbe correre la Maratona di Boston, magari quando avrò finito la carriera da professionista nel trail. È un sogno che tengo lì, pronto a essere realizzato”.
E la 100 km del Passatore? L’hai mai considerata?
“Sì, è una gara affascinante. Un ponte tra strada e trail, con una storia importante. In Italia l’ultramaratona su strada è vista come separata dal trail, mentre negli USA è parte integrante dell’ultrarunning. Avvicinare questi mondi sarebbe un bel passo avanti. Il Passatore ha un fascino tutto suo, e non escludo di correrlo un giorno”.
In chiusura, cosa ti auguri per il futuro del trail?
“Mi auguro che cresca, che diventi sempre più inclusivo e accessibile. Che si racconti meglio, valorizzando le storie degli atleti e delle gare. E che si costruisca una community forte, dove ci sia spazio per tutti: professionisti, amatori, giovani, donne. Il trail ha tanto da dare e io voglio continuare a farne parte, a viverlo e a raccontarlo”.

Chi è Francesco Puppi
Francesco Puppi, 33 anni, è un atleta italiano di ultratrail running e corsa in montagna. È uno dei nomi più affermati a livello internazionale in queste discipline, noto per la sua versatilità e per l’approccio scientifico e riflessivo alla corsa.
Nel corso della sua carriera ha ottenuto numerosi successi di rilievo. Tra i più importanti spiccano la medaglia d’oro ai Mondiali di corsa in montagna lunghe distanze nel 2017 a Premana, e l’argento ai Mondiali di trail corto nel 2022 in Thailandia. Nel 2024 ha vissuto una stagione straordinaria: ha vinto con record la Chuckanut 50K e la Lake Sonoma 50M negli Stati Uniti, ha conquistato il secondo posto alla OCC – UTMB, ha trionfato alla Julian Alps 50K by UTMB, e ha chiuso l’anno vincendo il Campionato Italiano Ultra Trail alla UTLO. Il 2025 si è, invece, aperto con il trionfo alla Transgrancanaria 2025.
Oltre alla carriera sportiva, è anche coach, podcaster e co-fondatore della Pro Trail Runners Association, impegnata nella tutela dei diritti degli atleti. Puppi è un punto di riferimento nel panorama del trail running, sia per i risultati che per il suo impegno nella crescita del movimento.