Con l’arrivo dell’estate, molti runner si trovano a fare i conti con un nemico invisibile ma potentissimo: il caldo. Le alte temperature, l’umidità e l’irraggiamento solare possono trasformare anche la corsa più semplice in un’impresa faticosa. Ma cosa succede esattamente al corpo quando corriamo sotto il sole cocente? E perché le prestazioni tendono a calare, anche se ci si sente in forma?
Durante l’attività fisica, il corpo umano produce calore in proporzione all’intensità dello sforzo. In condizioni ambientali miti, questo calore viene dissipato attraverso la sudorazione e l’aumento del flusso sanguigno verso la superficie cutanea. Tuttavia, con l’aumento della temperatura esterna, il sistema di termoregolazione diventa meno efficiente.
Il sudore evapora più lentamente, soprattutto se l’umidità è alta, e il sangue che dovrebbe ossigenare i muscoli viene in parte “dirottato” verso la pelle per favorire la dispersione del calore. Questo significa che i muscoli ricevono meno ossigeno e nutrienti, e di conseguenza lavorano in modo meno efficiente.
Prestazioni in calo: un effetto fisiologico inevitabile
Diversi studi scientifici hanno dimostrato che le prestazioni nella corsa possono calare sensibilmente con l’aumento della temperatura. Già sopra i 20°C si osservano i primi segnali di rallentamento, mentre oltre i 30°C il calo può diventare significativo, anche del 10-15% rispetto ai tempi abituali. In media, per ogni 5°C oltre i 15°C, si osserva un rallentamento del ritmo di corsa compreso tra 10 e 20 secondi al chilometro, a seconda del livello di allenamento dell’atleta e dell’umidità relativa.
Ad esempio, un runner che normalmente corre a 4’30” al chilometro in condizioni ideali (tra 10°C e 15°C), può aspettarsi i seguenti rallentamenti:
- A 20°C: +10-15 secondi/km → ritmo stimato: 4’40″–4’45″/km
- A 25°C: +20-30 secondi/km → ritmo stimato: 4’50″–5’00″/km
- A 30°C: +30-45 secondi/km → ritmo stimato: 5’00″–5’15″/km
- Oltre 35°C: il rallentamento può superare 1 minuto/km, con rischio di colpi di calore
Questi valori sono indicativi e possono variare in base a fattori individuali come acclimatazione, idratazione, massa corporea e abbigliamento.
Non si tratta solo di una sensazione soggettiva: il cuore lavora di più per mantenere la temperatura corporea sotto controllo, la frequenza cardiaca aumenta anche a parità di sforzo, e la percezione della fatica cresce. In pratica, per correre allo stesso ritmo, il corpo deve fare uno sforzo maggiore.
Il ruolo dell’umidità e del sole diretto
L’umidità relativa dell’aria è un altro fattore determinante. Quando l’aria è satura di vapore acqueo, il sudore evapora con maggiore difficoltà, riducendo l’efficacia del raffreddamento corporeo. Questo comporta un aumento della temperatura interna e una maggiore percezione dello sforzo.
Anche l’esposizione diretta al sole incide negativamente. Correre in zone ombreggiate o in orari meno caldi (alba o tramonto) può ridurre sensibilmente lo stress termico. L’indice di calore (heat index), che combina temperatura e umidità, è un buon indicatore del rischio percepito: valori superiori a 30°C suggeriscono cautela, mentre oltre i 35°C si consiglia di evitare sforzi prolungati.
Adattamento fisiologico e acclimatazione
La buona notizia è che il corpo umano è straordinariamente adattabile. Con il tempo, è possibile abituarsi a correre anche con il caldo. Questo processo, noto come acclimatazione, richiede circa 10-14 giorni di allenamenti progressivi in condizioni calde. Durante questo periodo, il corpo impara a sudare prima e in modo più efficiente, a conservare meglio i sali minerali e a gestire meglio lo stress termico.
Tuttavia, anche con l’acclimatazione, è importante adottare alcune strategie per proteggersi dal caldo. Idratarsi regolarmente, scegliere abbigliamento tecnico traspirante, evitare le ore centrali della giornata e ascoltare i segnali del proprio corpo sono accorgimenti fondamentali per correre in sicurezza.
Correre meno, ma meglio
Molti runner si chiedono se abbia senso continuare ad allenarsi con intensità durante l’estate. La risposta è: dipende. Se l’obiettivo è mantenere la forma o preparare una gara autunnale, è possibile continuare ad allenarsi, ma con intelligenza. Ridurre l’intensità, aumentare i tempi di recupero e privilegiare allenamenti più brevi ma costanti può essere una strategia vincente.
L’estate non è sicuramente il momento per cercare il personal best. È il momento per consolidare, ascoltare il proprio corpo e lavorare sulla resistenza mentale. Il caldo insegna a gestire la fatica in modo diverso. I risultati si vedranno quando le temperature scenderanno.
Il caldo come alleato invisibile
Paradossalmente, allenarsi con il caldo – se fatto con criterio – può diventare un vantaggio. Alcuni studi suggeriscono che l’allenamento in condizioni di calore può migliorare la capacità aerobica e la tolleranza allo sforzo, anche in condizioni più fresche. In altre parole, chi si allena d’estate può trovarsi più forte in autunno.
Naturalmente, tutto dipende dal rispetto dei propri limiti. Il caldo non perdona gli errori, e sottovalutare i segnali del corpo può portare a conseguenze serie. Ma con consapevolezza e preparazione, anche l’estate può diventare una stagione utile per crescere come runner.
Le alte temperature estive rappresentano una variabile fisiologica che incide in modo significativo sulle prestazioni nella corsa. Il rallentamento del ritmo è un effetto naturale e prevedibile, legato alla necessità del corpo di proteggersi dal surriscaldamento. Comprendere questi meccanismi consente di allenarsi in modo più consapevole, evitando rischi e ottimizzando i risultati anche nei mesi più caldi.