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Home » Perché rivolgersi a un nutrizionista è fondamentale per chi pratica sport (e non solo)
Alimentazione

Perché rivolgersi a un nutrizionista è fondamentale per chi pratica sport (e non solo)

Massimo RapettiBy Massimo Rapetti14 Aprile 2025
Riassumi con ChatGPT

Negli ultimi anni, rivolgersi a un nutrizionista è diventata una pratica sempre più diffusa. Se un tempo era considerata una scelta riservata a chi doveva perdere peso o affrontare particolari patologie, oggi è sempre più chiaro quanto il supporto di un professionista della nutrizione sia utile – se non indispensabile – anche per chi pratica sport, in particolare discipline di endurance come il running.

Nel mondo della corsa, dove ogni dettaglio può fare la differenza tra una prestazione mediocre e un risultato eccellente, l’alimentazione gioca un ruolo cruciale. Ecco perché sempre più runner, sia amatori che professionisti, scelgono di affidarsi a un nutrizionista sportivo per ottimizzare la propria alimentazione, migliorare la performance e prevenire infortuni.

Ma cosa fa esattamente un nutrizionista? Come si svolge una visita? E perché può essere così utile anche per chi non ha particolari problemi di salute? Scopriamolo insieme.

Il ruolo del biologo nutrizionista

Per comprendere appieno l’importanza di una consulenza nutrizionale, è utile chiarire innanzitutto cosa fa – e cosa non fa – un biologo nutrizionista. Secondo la normativa italiana, il biologo nutrizionista è un professionista abilitato a valutare i fabbisogni nutrizionali ed energetici dell’individuo e a elaborare piani alimentari personalizzati in autonomia. Tuttavia, non può effettuare diagnosi mediche né prescrivere farmaci o esami diagnostici.

Può invece consigliare l’assunzione di integratori alimentari, che per legge sono equiparati agli alimenti. Questo significa che, pur non essendo un medico, il nutrizionista può giocare un ruolo chiave nel benessere e nella salute dell’individuo, soprattutto se lavora in sinergia con altri professionisti sanitari. In molti casi, infatti, l’approccio multidisciplinare – che coinvolge anche medici, allenatori e psicologi – è la chiave per un percorso efficace e duraturo.

La prima visita: cosa aspettarsi

Una visita nutrizionale inizia sempre con un’anamnesi approfondita. Il nutrizionista raccoglie informazioni sullo stato di salute generale, sulle abitudini alimentari, sull’eventuale assunzione di farmaci o integratori e, nel caso degli sportivi, sulle modalità e frequenze di allenamento. È importante distinguere, ad esempio, tra chi si allena in zona aerobica (Z2), chi fa lunghi lenti e chi invece lavora con ripetute ad alta intensità: ogni tipo di sforzo richiede un approccio nutrizionale diverso.

Un altro elemento fondamentale è l’analisi degli esami del sangue. In particolare, per gli sportivi di endurance, si presta attenzione a parametri come emoglobina, ferro, vitamina B12 e folati, tutti coinvolti nella produzione di globuli rossi e quindi nella capacità di trasportare ossigeno ai muscoli. Anche la vitamina D è spesso monitorata, poiché una sua carenza è molto comune, soprattutto nei mesi invernali. Le donne, inoltre, sono frequentemente soggette a carenze di ferro, che possono compromettere la performance e il recupero.

Un altro parametro spesso trascurato ma molto importante è il livello di Omega-3, acidi grassi essenziali che svolgono un ruolo chiave nella salute cardiovascolare e nella modulazione dell’infiammazione. La dieta occidentale ne è generalmente povera, motivo per cui è utile valutarne l’integrazione.

L’analisi della composizione corporea

Uno dei momenti più attesi – e spesso più fraintesi – della visita nutrizionale è l’analisi antropometrica, ovvero la valutazione della composizione corporea. Qui si crea spesso un divario tra le aspettative del paziente e l’approccio del professionista. Il paziente vuole sapere “quanto grasso ha” e “quanto pesa”, mentre il nutrizionista cerca di ottenere una stima il più possibile accurata, consapevole che ogni strumento ha limiti e margini di errore.

Ad esempio, l’impedenziometria – una delle tecniche più diffuse – misura la resistenza elettrica del corpo per stimare la quantità di acqua presente, da cui si ricava la massa magra e quella grassa. Tuttavia, l’accuratezza di questa misurazione può essere influenzata da molti fattori, come lo stato di idratazione. Un soggetto disidratato potrebbe risultare più “grasso” di quanto non sia realmente, mentre un eccesso di acqua extracellulare può far sembrare maggiore la massa magra.

Un’alternativa interessante è l’adipometria, una tecnica che utilizza un ecografo per misurare lo spessore del tessuto adiposo sottocutaneo. Rispetto al classico plicometro, offre una visione più dettagliata e meno soggetta a errori manuali, anche se non è esente da limiti, soprattutto nei soggetti con elevata quantità di grasso viscerale.

In ogni caso, l’obiettivo non è ottenere un valore assoluto perfetto, ma monitorare i cambiamenti nel tempo. Per questo motivo, il nutrizionista invita spesso a non fissarsi sui numeri, ma a valutare i progressi in modo relativo: da dove si parte e dove si vuole arrivare.

Un altro parametro semplice ma molto efficace è la misurazione delle circonferenze corporee. Una riduzione del girovita accompagnata da un aumento della circonferenza delle cosce, ad esempio, è un chiaro segnale di perdita di grasso e aumento della massa muscolare.

Nutrizione sportiva: un approccio su misura

Una volta raccolti tutti i dati, il nutrizionista elabora un piano alimentare personalizzato, che tiene conto non solo delle esigenze fisiologiche del paziente, ma anche dei suoi obiettivi sportivi. L’alimentazione viene quindi modulata in base ai diversi momenti della stagione: preparazione, gara, recupero e off-season.

Durante la fase di preparazione, ad esempio, si può lavorare sulla potenza lipidica, ovvero la capacità dell’organismo di utilizzare i grassi come fonte energetica. In questo caso, l’alimentazione sarà orientata a favorire l’adattamento metabolico, con un apporto controllato di carboidrati e una maggiore enfasi su grassi di qualità.

Durante la gara, invece, l’obiettivo è garantire un adeguato apporto di carboidrati per sostenere la performance. Nelle competizioni di lunga durata, come le ultramaratone, è fondamentale anche l’assunzione di altri nutrienti, come sodio, potassio e proteine, per prevenire crampi, disidratazione e catabolismo muscolare.

Il nutrizionista lavora spesso in sinergia con l’allenatore per definire una strategia coerente e integrata. L’obiettivo è che l’atleta arrivi al giorno della gara con un piano alimentare già testato e consolidato, evitando improvvisazioni dell’ultimo minuto che potrebbero compromettere la prestazione.

Affidarsi a un nutrizionista non è solo una moda, ma una scelta consapevole per chi vuole prendersi cura del proprio corpo e migliorare la propria performance sportiva. Attraverso un approccio scientifico, personalizzato e multidisciplinare, è possibile ottenere risultati concreti e duraturi, non solo in termini di prestazione, ma anche di benessere generale.

Che tu sia un runner alle prime armi o un atleta esperto, una consulenza nutrizionale può rappresentare un punto di svolta nel tuo percorso. Perché, come in ogni disciplina, anche nella corsa la differenza la fanno i dettagli. E l’alimentazione è uno di quelli più importanti.

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Massimo Rapetti
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Nasco con l’atletica Leggera, ma non sulla pista ero in pedana dentro una gabbia a lanciare il martello. Nei primi anni universitari mi appassiono alla corsa, ma il vero amore sboccia con il Trail. Le gare di ultra sono la mia passione, soprattutto in ambiente di montagna dove le difficoltà si sommano e la sfida diventa totalizzante. Ho una laurea in Scienze Motorie, una specialistica in Scienza e Tecnica dello Sport ed una seconda Laurea Magistrale in Scienze della Nutrizione Umana. Iscritto all’ordine dei biologi, svolgo la mia professione di Nutrizionista Sportivo seguendo atleti di vario livello. Ho anche l’onore di essere il nutrizionista di Obiettivo 3, società sportiva per l’avviamento e il sostegno allo sport per soggetti disabili.

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