Cinque atleti si sono schierati sulla linea di partenza del circuito di Nardò, in Puglia, con un obiettivo ambizioso: infrangere il record mondiale sulla distanza dei 100 chilometri. Tra loro, il nome più atteso era quello di Aleksandr Sorokin, 43 anni, lituano, già detentore del primato ufficiale con un tempo di 6 ore, 5 minuti e 35 secondi. Considerato il più grande ultramaratoneta di sempre, Sorokin puntava a scrivere una nuova pagina nella storia dell’ultra maratona, diventando il primo uomo a scendere sotto il muro delle sei ore.
Ma la notte pugliese ha riservato una sorpresa. Per la prima volta, Sorokin non è stato il più veloce. Nonostante una prestazione straordinaria, il campione lituano ha dovuto cedere il passo a un altro atleta, il sudafricano Sibusiso Kubheka, che ha tagliato il traguardo sotto il limite in 5h59’20”, cambiando le gerarchie dell’ultra.
Aleksandr Sorokin ha comunque corso sotto il suo stesso primato, dimostrando ancora una volta di essere il punto di riferimento dell’ultrarunning mondiale. “Ho dato quasi tutto quello che avevo – ha commentato a proposito della sua prestazione -. Forse avrei potuto essere qualche secondo o minuto più veloce, ma ero davvero vicino alla forma perfetta”.
Intervista esclusiva con Aleksandr Sorokin
Abbiamo avuto l’opportunità di parlare con Aleksandr Sorokin nei giorni successivi alla gara, per capire meglio cosa ha significato per lui partecipare a Chasing 100, come si è preparato e cosa vede nel futuro dell’ultrarunning. Ecco cosa ci ha raccontato…
Come hai vissuto la sfida di Chasing 100?
“È probabilmente il progetto più grande e ambizioso a cui abbia mai partecipato. Sono molto onorato che Adidas mi abbia invitato a correre insieme ad alcuni dei migliori atleti al mondo. E’ un’esperienza che non dimenticherò mai”.
Hai corso sotto il tuo stesso record mondiale: come valuti la tua prestazione? Sei soddisfatto del tempo finale o pensavi di poter fare ancora meglio?
“Sono molto soddisfatto. Se dovessi dare un voto, direi 98 su 100. Ho dato quasi tutto quello che avevo. Forse avrei potuto limare qualche secondo o un minuto, ma nel complesso ero davvero vicino alla mia forma migliore. È una sensazione potente sapere di aver superato il proprio limite, anche se non sono stato il primo a tagliare il traguardo sotto le sei ore”.
Com’è stato correre di notte su un circuito così particolare?
“Adidas ha creato condizioni perfette. Correre di notte non è facile per il corpo. Per adattarmi, ho vissuto due settimane in Italia prima della gara, modificando il mio ritmo circadiano e abituandomi al caldo. In realtà, la temperatura più fresca ha reso tutto più confortevole”.
Come ti sei preparato per questa gara?
“Seguo un piano di 10–12 settimane che inizia con una fase base, utile per adattare il corpo a carichi di lavoro intensi. Poi passo tre settimane in altura, dove l’ossigeno è più rarefatto e il corpo si adatta a condizioni estreme. Infine, torno al livello del mare tre settimane prima della gara per ritrovare freschezza e velocità. Stavolta ho aggiunto anche due settimane in Italia per acclimatarmi al caldo”.
Che rapporto hai con Sibusiso Kubheka, che ha battuto il tuo record?
“Prima di questo progetto non ci conoscevamo bene. Ma durante i sei mesi di preparazione, si è creato un legame speciale tra tutti noi, ci siamo sentiti una squadra. Abbiamo costruito amicizie molto sincere”.
Cosa pensi delle tecnologie Adidas usate nella gara?
“Sono davvero rivoluzionarie. Ho provato diverse scarpe nel corso degli anni, ma quelle di Adidas si adattano perfettamente alla mia tecnica di corsa. Mi permettono di esprimere il massimo potenziale, riducendo lo sforzo e aumentando l’efficienza”.
Le Adizero Evo Prime X e il sistema Ultracharge hanno davvero cambiato le regole del gioco?
“Sì, assolutamente. Queste innovazioni rendono la corsa più veloce ed efficiente. Quando usi queste scarpe, senti subito un miglioramento nelle prestazioni”.
Hai notato differenze significative rispetto alle tue precedenti esperienze sui 100 km?
“Ogni gara è unica. Questa si è distinta perché abbiamo corso di notte in condizioni perfette, con supporto per il ritmo, cibo e bevande consegnati in bici, e persino droni che filmavano l’evento. Sembrava quasi di essere in un film”.
Come vedi il futuro delle ultramaratone dopo Chasing 100?
“Penso che crescerà ancora. L’ultrarunning è visto come uno sport di nicchia, ma Chasing 100 ha dimostrato che può essere spettacolare, veloce, coinvolgente. Il fatto che qualcuno abbia infranto il muro delle sei ore ha ispirato tantissimi atleti. Il futuro sarà ancora più competitivo e affascinante”.
Qual è il tuo prossimo obiettivo? Hai già in mente una nuova sfida o un record da inseguire?
“Ora mi concentrerò sul recupero, ma il mio prossimo grande appuntamento sono i Campionati Mondiali di 24 ore in Francia, questo ottobre”.
Che consiglio daresti a chi si avvicina all’ultrarunning?
“La cosa più importante è non cercare subito i risultati. L’ultrarunning è uno sport che richiede tempo, pazienza e adattamento. Il corpo deve abituarsi gradualmente alle lunghe distanze, aumentando gradualmente il carico di allenamento e le distanze di gara. All’inizio, non bisogna pensare al cronometro, ma concentrati sul finire la gara, imparare, ascoltare il tuo corpo. I risultati arriveranno con il tempo”.
Qual è la qualità più importante per perseverare e migliorare in questo sport?
“La passione. Amare ciò che si fa. Se non ami davvero correre, non otterrai grandi risultati. La passione e l’impegno totale portano al progresso”.