Il nome che da qualche settimana domina la scena mondiale dell’ultramaratona è quello di Sibusiso Kubheka. L’atleta sudafricano ha demolito ogni precedente record sulla distanza dei 100 km, superando il precedente primato durante la spettacolare sfida Chasing 100, evento ideato da Adidas per dimostrare come l’innovazione tecnologica e la preparazione atletica possano spingere l’essere umano oltre confini ritenuti impossibili.
Sul circuito di Nardò, in Puglia, Kubheka ha compiuto l’impresa: ha completato la distanza in 5 ore, 59 minuti e 20 secondi, mantenendo una velocità media impressionante di 16,7 km/h con un passo di 3 minuti e 36 secondi al chilometro e migliorando di ben sei minuti il precedente record detenuto dal lituano Aleksandr Sorokin, considerato fino a quel momento una leggenda vivente dell’ultrarunning.
Kubheka, 27 anni, originario di Amersfoort, nella provincia sudafricana di Mpumalanga, è un atleta specializzato nelle lunghe distanze su strada. Fa parte dello Xcel Running Club, una delle realtà più dinamiche e competitive dell’atletica sudafricana. Il suo talento si è espresso in diverse discipline, dai 10 km alla mezza maratona, ma è nelle ultradistanze che ha trovato la sua vera vocazione.
Intervista esclusiva con Sibusiso Kubheka
Abbiamo avuto l’opportunità di parlare con Sibusiso Kubheka nei giorni successivi alla gara, per capire meglio cosa ha significato per lui diventare il primo uomo a correre 100 chilometri in meno di sei ore, come si è preparato e cosa vede nel futuro dell’ultrarunning. Ecco cosa ci ha raccontato…
Cosa hai provato nel momento in cui hai tagliato il traguardo sotto le sei ore? È stato un sogno che si realizza o una sorpresa anche per te?
“È stato incredibile diventare il primo uomo a scendere sotto le sei ore. Io e il mio coach ci siamo preparati a lungo per questo momento. È stato un sogno che si realizza, ma anche una conferma del lavoro fatto”.
Quando hai capito che il record era davvero alla tua portata?
“Solo al 97mo chilometro ho realizzato che ce l’avrei fatta. Fino a quel momento, ero concentrato solo sul ritmo e sulla gestione della gara. Quando ho visto il tempo e ho sentito che le gambe rispondevano ancora, ho capito che il sogno era lì, a portata di mano”.
C’è stato un momento preciso durante la gara in cui hai sentito che ce l’avresti fatta?
“All’85° chilometro ho capito di avere ancora energia sufficiente per mantenere il passo e spingere fino alla fine. È stato il momento in cui la fatica ha lasciato spazio alla determinazione. E lì ho deciso di dare tutto”.
Come ti sei preparato mentalmente e fisicamente per Chasing 100?
“Il mio coach ha avuto un ruolo fondamentale. Mi ha aiutato a restare concentrato e sicuro di me. Gli allenamenti in Sudafrica sono stati intensi, ma mi hanno preparato perfettamente. Abbiamo lavorato su ogni dettaglio, anche sulle sensazioni che avrei potuto provare durante la gara. Ed ha funzionato”.
Hai seguito un programma specifico o hai cambiato qualcosa rispetto alle gare precedenti?
“Sì, abbiamo pianificato ogni dettaglio della gara. Nulla è stato lasciato al caso”.
Qual è stato il momento più difficile durante i 100 km?
“Gli ultimi 10 chilometri sono stati durissimi. Il corpo iniziava a cedere, ma la mente doveva restare lucida”.
Hai mai pensato di rallentare o di non farcela?
“Ho avuto problemi di stomaco e ho pensato di ritirarmi. Ma il mio coach mi ha suggerito di prendere una miscela di Coca-Cola e sale. Ha funzionato e sono riuscito a riprendermi. È stato un momento critico, ma anche quello che ha dimostrato quanto sia importante avere una squadra alle spalle”.
Che ruolo ha avuto la tecnologia Adidas nella tua prestazione?
“La tecnologia Adidas ha fatto la differenza, soprattutto per il recupero. Mi ha aiutato ad arrivare pronto al 100% sulla linea della partenza”.
Le Adizero Evo Prime X e il sistema Ultracharge hanno davvero fatto la differenza?
“Assolutamente sì. Le Adizero Evo Prime X e il sistema Ultracharge hanno reso la corsa più gestibile, riducendo il disagio e migliorando la performance. Soprattutto in una gara così lunga”.
Correre di notte, in un circuito così particolare, cosa comporta?
“È stata un’esperienza incredibile: il silenzio, la concentrazione, il ritmo costante. Ho assaporato ogni momento… a parte i problemi di stomaco”.
Hai battuto il record di Aleksandr Sorokin, ma anche lui ha corso sotto il suo precedente primato. Che rapporto hai con lui?
“Con Sorokin c’è grande rispetto e stima reciproca. Abbiamo corso insieme in passato e il suo gesto di congratulazioni al traguardo ha significato molto per me. È un grande atleta e sapere che ho battuto il suo record mi onora. Ma più di tutto, apprezzo il supporto e lo spirito di squadra che condividiamo come ultramaratoneti”.
Cosa ti ha spinto a dedicarti all’ultramaratona? Come hai scoperto che questa sarebbe stata la tua specialità?
“Il mio coach ha sempre creduto in me e sono grato ad Adidas per averlo coinvolto nel progetto. La sua fiducia è stata fondamentale: mi ha sempre detto che avevo il potenziale per eccellere in questa disciplina e, alla fine, ho seguito il suo consiglio e ho deciso di provarci. È stata la scelta giusta”.
Come ti senti adesso, dopo aver scritto una pagina di storia?
“Sono felicissimo. È un sogno che si realizza, e sapere che il mio nome è conosciuto a livello mondiale è incredibile”.
Hai già in mente la prossima sfida?
“Per ora mi concentro sul recupero. Ma sto già pensando alle sfide del prossimo anno (che non ci ha voluto svelare, nda)”.
Ora probabilmente sarai ricordato come il nuovo Kipchoge. Che messaggio vuoi dare a chi ti guarda come fonte di ispirazione?
“Amate ciò che fate e aspettate il vostro momento. Con dedizione, arriverà. Non si tratta solo di talento, ma di lavoro, pazienza e tanta passione”.
Un’ultima domanda. Cosa serve davvero per superare i propri limiti?
“Tanto duro lavoro e scrupolosa fiducia nel proprio allenatore. È solo così che si può andare oltre”.