Nel linguaggio comune, termini come carboidrati, glucidi, idrati di carbonio e zuccheri vengono spesso utilizzati come sinonimi. Sebbene vi siano differenze tecniche tra queste definizioni, nella pratica quotidiana si riferiscono tutti a una delle principali fonti energetiche dell’organismo umano. I carboidrati rappresentano infatti un pilastro fondamentale dell’alimentazione, non solo per chi pratica sport, ma anche per chi desidera mantenere uno stile di vita sano ed equilibrato.
La struttura dei carboidrati
I carboidrati possono essere classificati in base alla loro struttura chimica, ovvero alla lunghezza e complessità della catena molecolare. Questa classificazione è utile per comprendere come vengono digeriti, assorbiti e utilizzati dall’organismo.
Monosaccaridi: le unità fondamentali
I monosaccaridi sono le molecole più semplici di carboidrati. Tra i più noti si trovano il glucosio, il fruttosio e il galattosio. Il glucosio è lo zucchero principale presente nel sangue umano ed è la fonte energetica primaria per le cellule. Il fruttosio, invece, pur essendo assorbito a livello intestinale, deve essere convertito in glucosio dal fegato attraverso un processo chiamato isomerizzazione per poter essere utilizzato efficacemente.
Oligosaccaridi: catene brevi ma importanti
Gli oligosaccaridi sono costituiti da catene di zuccheri che variano da 2 a 12 unità. Tra i più comuni si annoverano:
- Saccarosio: formato da glucosio e fruttosio, è lo zucchero da cucina.
- Lattosio: composto da galattosio e glucosio, è presente nel latte.
- Maltosio: costituito da due molecole di glucosio, si forma durante la digestione dell’amido.
Un derivato del maltosio sono le maltodestrine, catene di glucosio che possono contenere da 3 a 17 unità. Queste sostanze hanno un indice glicemico molto elevato, simile a quello del glucosio puro, e vengono assorbite rapidamente, rendendole particolarmente utili in ambito sportivo.
Polisaccaridi: le riserve energetiche
I polisaccaridi sono catene complesse di monosaccaridi. I principali sono:
- Amido: presente nei vegetali, è la principale riserva energetica del mondo vegetale.
- Glicogeno: riserva energetica dell’organismo animale, si accumula nel fegato e nei muscoli. Il glicogeno epatico serve a mantenere stabile la glicemia, mentre quello muscolare è utilizzato localmente durante l’attività fisica.
Un altro polisaccaride rilevante è la cellulosa, simile all’amido ma con legami chimici differenti (beta anziché alfa), che l’organismo umano non è in grado di digerire. Tuttavia, la fibra alimentare, di cui la cellulosa è un componente, ha un valore energetico stimato di circa 2 kcal per grammo, poiché viene fermentata dalla flora batterica intestinale, producendo acidi grassi a catena corta.
Dalla struttura all’effetto: indice glicemico e carico glicemico
Per anni, i carboidrati sono stati distinti in “semplici” e “complessi” in base alla lunghezza della loro catena molecolare. Si riteneva che i carboidrati complessi, essendo costituiti da catene più lunghe, venissero assorbiti più lentamente rispetto a quelli semplici. Tuttavia, questa classificazione si è rivelata insufficiente.
Oggi si preferisce utilizzare parametri più precisi come l’indice glicemico (IG) e il carico glicemico (CG). L’indice glicemico, introdotto dal professor David Jenkins nel 1981, misura la velocità con cui un alimento contenente carboidrati aumenta la glicemia rispetto a un alimento di riferimento (glucosio o pane bianco).
Il carico glicemico, invece, tiene conto sia dell’indice glicemico sia della quantità di carboidrati presenti in una porzione standard di alimento. Questo parametro fornisce una valutazione più completa dell’impatto glicemico di un pasto. Ad esempio: le verdure hanno un basso IG e CG; i dolci industriali presentano sia IG che CG elevati; la pasta ha un IG medio ma un CG alto; le caramelle hanno un IG alto ma un CG basso, se consumate in piccole quantità.
L’indice glicemico può essere influenzato anche dalla combinazione degli alimenti: consumare proteine e fibre prima dei carboidrati può ridurre l’IG del pasto, anche se il carico glicemico complessivo rimane invariato.
La risposta glicemica e il ruolo dell’insulina
La risposta dell’organismo all’ingestione di carboidrati può essere valutata anche attraverso l’area sotto la curva glicemica (AUC), che fornisce una misura sia qualitativa che quantitativa dell’andamento della glicemia nel tempo. Inoltre, è possibile analizzare la curva insulinemica, che mostra quanto e per quanto tempo l’insulina viene secreta per gestire l’aumento della glicemia.
L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas con il compito di abbassare i livelli di glucosio nel sangue. Quando la glicemia aumenta, l’insulina stimola le cellule a captare il glucosio, favorendo l’accumulo sotto forma di glicogeno nel fegato e nei muscoli. Tuttavia, mentre il fegato può rilasciare glucosio nel sangue, il muscolo può solo utilizzare il glicogeno accumulato localmente.
Nel soggetto sedentario, un’eccessiva produzione di insulina può favorire l’accumulo di grasso corporeo e l’aumento dello stress ossidativo. Al contrario, durante l’attività fisica, i muscoli richiedono una quantità elevata di glucosio e riescono ad assorbirlo anche in assenza di un aumento significativo dell’insulina.
Carboidrati nello sport
Nel contesto sportivo, i carboidrati svolgono un ruolo cruciale. Durante l’esercizio fisico, si distinguono due fasi principali: la digestione e l’assorbimento. La digestione può rappresentare un ostacolo, soprattutto in attività ad alta intensità, poiché il flusso sanguigno è concentrato nei muscoli e non nell’apparato digerente.
Negli ultimi anni, l’attenzione si è spostata su integratori contenenti miscele di glucosio e fruttosio. L’obiettivo è sfruttare diversi trasportatori intestinali per aumentare la capacità di assorbimento degli zuccheri. Superata la soglia dei 60 grammi di carboidrati all’ora, l’aggiunta di fruttosio consente di migliorare l’efficienza energetica e ridurre il rischio di disturbi gastrointestinali.
Alcuni atleti professionisti riescono a tollerare fino a 90 grammi di carboidrati all’ora, ma per gli sportivi amatoriali è consigliabile restare sotto i 60 grammi, adattando l’apporto in base alla fase dell’allenamento e alla tolleranza individuale.
Anche la diluizione dei carboidrati nelle bevande influisce sull’assorbimento. Idealmente, una bevanda sportiva dovrebbe contenere circa l’8% di carboidrati, ma nella pratica, durante gare o allenamenti, non è sempre possibile calcolare con precisione l’osmolarità. Una regola semplice è quella di assumere liquidi ogni volta che si ingeriscono carboidrati, per facilitare la digestione e l’assorbimento.
Riassumendo…
I carboidrati rappresentano una fonte energetica fondamentale per l’organismo umano, soprattutto in ambito sportivo. La loro funzione primaria è quella di fornire energia, ma il modo in cui vengono assunti, digeriti e utilizzati può influenzare profondamente la salute metabolica, la composizione corporea e la performance sportiva.
L’evoluzione della scienza nutrizionale ha permesso di superare le vecchie dicotomie tra “semplici” e “complessi”, introducendo concetti più raffinati come l’indice glicemico, il carico glicemico e la risposta insulinica. Questi strumenti consentono oggi di valutare con maggiore precisione l’impatto dei carboidrati sull’organismo, offrendo indicazioni utili per costruire piani alimentari più efficaci e personalizzati.
Nel contesto sportivo, la gestione dei carboidrati assume un ruolo strategico. La scelta del tipo di zucchero, la quantità, la tempistica e la modalità di assunzione possono fare la differenza tra una prestazione ottimale e una resa insufficiente. L’utilizzo combinato di glucosio e fruttosio, l’attenzione alla diluizione delle bevande e la conoscenza dei propri limiti di tolleranza sono elementi chiave per chi pratica attività fisica a livello agonistico o amatoriale.
Infine, è importante ricordare che non esiste un approccio universale valido per tutti. Ogni individuo risponde in modo diverso ai carboidrati, e solo attraverso l’ascolto del proprio corpo, l’osservazione dei segnali fisiologici e, se necessario, il supporto di professionisti qualificati, è possibile trovare l’equilibrio più adatto alle proprie esigenze.
Bibliografia
Giuseppe Arienti. Le basi molecolari della nutrizione. Piccin, 2011.