Nel mondo del running digitale, dove ogni chilometro viene tracciato, condiviso ed esaltato, è arrivata una nuova app che non ha impiegato molto tempo a far discutere. Si chiama Fake My Run e, come suggerisce il nome, permette di creare corse completamente finte da caricare su piattaforme on-line come Strava. Un’idea provocatoria, ironica e, per molti, inquietante. Ma cosa si nasconde dietro questa trovata virale?
Fake My Run nasce da un’idea tanto semplice quanto destabilizzante: se oggi correre è diventato anche (e forse soprattutto) un atto sociale, allora perché non simulare l’intera esperienza? L’app consente ai suoi utenti di disegnare manualmente un percorso su una mappa, scegliere la distanza, il ritmo, l’orario di partenza e persino inserire dati come la frequenza cardiaca. Il risultato è un file perfettamente compatibile con Strava, pronto per essere condiviso come se fosse il frutto di un vero allenamento.
Il creatore di Fake My Run è Arthur Bouffard, un giovane sviluppatore di 26 anni, e runner, che ha deciso di lanciare questa provocazione digitale per riflettere sul cambiamento culturale che ha investito il mondo della corsa. “La corsa è sempre stato un sport individuale, fatto per sé stessi – ha scritto in un post – ma oggi si è trasformato in un modo per condividere il proprio stile di vita, per costruirsi un’identità pubblica”.
Come funziona Fake My Run
Il funzionamento di Fake My Run è sorprendentemente semplice. Una volta entrati nel sito, l’utente può selezionare un percorso su una mappa interattiva semplicemente inserendo punti consecutivi da cui vuole passare, impostare il ritmo desiderato, la durata, la data e l’orario. È possibile anche aggiungere dettagli come la frequenza cardiaca media, il dislivello e una descrizione personalizzata dell’attività. Il sistema genera quindi un file GPX o FIT, identico a quello prodotto da un vero dispositivo GPS.
Il costo? Solo 0,42 dollari per ogni attività generata. Una cifra simbolica, che rende l’operazione accessibile a chiunque voglia “correre senza correre”. Il sito non richiede registrazione, né verifica dell’identità: tutto è pensato per essere rapido, anonimo e, in un certo senso, dissacrante.
Chi usa davvero Fake My Run?
La domanda più interessante non è neanche tanto come funziona l’app, ma chi la usa e perché. Secondo le testimonianze raccolte online, gli utenti sono molto diversi tra loro. Alcuni lo fanno per scherzo, per prendere in giro amici runner o per creare meme virali. Altri, invece, sembrano usarla con intenti più seri: migliorare artificialmente le proprie statistiche, impressionare i follower o addirittura “gonfiare” il proprio curriculum sportivo.
Un fenomeno parallelo, già emerso negli ultimi anni, in altro modo, quello dei cosiddetti Strava mules: persone pagate per correre al posto di altri, in modo da migliorare i loro tempi e risultati. di Fake My Run rappresenta una versione ancora più estrema e accessibile di questa pratica, eliminando del tutto la necessità di correre “veramente”.
Le reazioni: tra ironia e indignazione
Come prevedibile, l’arrivo di Fake My Run ha suscitato reazioni contrastanti. Alcuni l’hanno accolta con entusiasmo, definendola “geniale”, “divertente” o “una critica al culto della performance”. Altri, invece, l’hanno vista come un pericolo per la credibilità delle piattaforme di tracking e per la comunità sportiva in generale.
Strava, per ora, non ha preso posizione ufficiale, ma probabilmente non tarderà a intervenire come già fatto per altre attività fake (guarda qui). C’è chi teme che l’app possa essere usata per falsificare risultati in gare virtuali, sfide tra amici o classifiche on-line. Altri (pochi) sottolineano che, in fondo, chi usa Fake My Run non fa male a nessuno, se non a se stesso.
“Se non è su Strava allora non è successo”
Al di là delle polemiche, Fake My Run solleva una questione più profonda: quanto conta oggi l’autenticità nello sport e nella vita digitale? Se un’attività fisica non viene registrata, condivisa e commentata, ha ancora valore? E se invece viene simulata, ma riceve like e approvazione, è meno “vera”? Sembra essere sempre più vero il neo detto “Se non è su Strava allora non è successo”…
In un periodo in cui l’identità virtuale è spesso più curata di quella reale, l’app di Bouffard è l’occasione per interrogarsi su cosa significhi davvero “fare qualcosa”. Correre, leggere, viaggiare, allenarsi: tutto può essere simulato, raccontato, esibito. Ma cosa resta dell’esperienza autentica?
Per ora, Fake My Run resta un progetto indipendente, gestito da una sola persona e privo di ambizioni commerciali. Ma il suo successo virale dimostra che ha toccato un nervo scoperto. Potrebbe essere solo l’inizio di una nuova ondata di “app fake” che mettono in discussione tutte le abitudini digitali.
Intanto Bouffard ha già annunciato nuove funzionalità, come la possibilità di generare dati biometrici ancora più realistici o di simulare attività di gruppo. Ad oggi Fake My Run può simulare corsa e ciclismo, ma probabilmente presto arriverà anche una versione per altri sport come nuoto o escursionismo. Tutto, ormai, può essere finto. O forse no…