Un padre. Un allenatore. Un tradimento. Il mondo dell’atletica leggera è stato scosso da un caso che ha dell’incredibile: Michael Vowell, 49 anni, allenatore e (soprattutto) padre, è stato squalificato a vita per aver somministrato testosterone al figlio sedicenne, Seth, giovane promessa della corsa campestre. Il fatto è avvenuto durante i Campionati Junior Olympic Cross-Country del dicembre 2023, ma solo ora, dopo un’indagine approfondita dell’USADA (Agenzia Antidoping degli Stati Uniti), sono emersi tutti i dettagli.
Un’indagine partita da una soffiata
È stata una soffiata a far partire l’inchiesta. Le prove raccolte hanno confermato che Vowell ha applicato sul figlio un gel a base di testosterone, una sostanza anabolizzante vietata in ogni contesto sportivo, anche se somministrata per via topica. L’obiettivo? Migliorare le prestazioni del ragazzo, che frequentava la William B. Travis High School di Richmond, Texas, e stava emergendo come talento nelle distanze medie.
Le sanzioni: una vita fuori dallo sport per il padre, due anni per il figlio
Michael Vowell è stato riconosciuto colpevole di tre violazioni gravi: possesso, somministrazione e complicità nell’uso di sostanze proibite. Ha accettato la squalifica a vita. Seth, invece, ha ricevuto una sanzione ridotta a due anni, considerando la sua età e la responsabilità primaria del genitore. Tutti i suoi risultati ottenuti dal 10 dicembre 2023 sono stati annullati, comprese le medaglie e i record registrati.
Una ferita profonda per lo sport giovanile
Il caso ha sollevato un’ondata di indignazione. “È un esempio devastante di come il personale di supporto, inclusi genitori e allenatori, debba sempre mettere il benessere dell’atleta al primo posto, soprattutto quando si tratta di minorenni – ha dichiarato Travis Tygart, CEO dell’USADA -. Le parole pesano come macigni, perché qui non si parla solo di doping, ma di un abuso di fiducia, di un gesto che ha compromesso la crescita sportiva e personale di un ragazzo”.
Questo scandalo non è solo una notizia di cronaca sportiva. È un campanello d’allarme per tutto il sistema dell’atletica giovanile. Quando la pressione del risultato supera l’etica, quando un genitore diventa il primo ostacolo alla salute del proprio figlio, allora è il momento di fermarsi e ripensare le priorità. Lo sport dovrebbe essere educazione, rispetto, crescita. Non certo doping.