Nel mondo del running, pochi argomenti dividono quanto quello dell’appoggio del piede. In particolare, l’appoggio di tallone è spesso visto come un errore tecnico, un difetto da correggere, quasi un peccato biomeccanico. Ma è davvero così? È corretto demonizzare questa modalità di corsa? Oppure esistono contesti e condizioni in cui correre di tallone non solo è naturale, ma anche funzionale?
La risposta, come spesso accade quando si parla di biomeccanica, è complessa. Per comprenderla, occorre analizzare il gesto della corsa nella sua interezza, senza isolare il piede dal resto del corpo, e senza cadere in semplificazioni.
Cos’è l’appoggio di tallone e perché è così diffuso
L’appoggio di tallone, o “heel strike”, si verifica quando il primo punto di contatto del piede con il terreno è il calcagno. È una modalità di corsa molto comune: secondo alcune stime, circa l’85% dei runner amatoriali corre appoggiando il tallone. Questo dato, di per sé, non è né positivo né negativo. È semplicemente una fotografia della realtà.
Molti runner, anche evoluti e performanti, mantengono un appoggio posteriore e riescono comunque a ottenere risultati eccellenti. Questo dimostra che non esiste un unico modo “giusto” di correre, ma piuttosto una varietà di stili che possono essere più o meno efficienti a seconda del contesto, della struttura fisica e degli obiettivi dell’atleta.
Biomeccanica del passo: il piede come leva
Per comprendere l’efficienza dell’appoggio, bisogna partire dalla biomeccanica. Il piede non è diviso in tre compartimenti rigidi (tallone, mesopiede, avampiede), ma è un sistema complesso, composto da ossa, muscoli, tendini e articolazioni che lavorano in sinergia. Ogni passo è il risultato di un’interazione dinamica tra questi elementi, influenzata dalla postura, dalla velocità, dalla fatica e dal terreno.
Un appoggio “economico” è quello che riduce il tempo di contatto con il suolo, sfrutta la leva naturale del piede e permette una transizione fluida verso la fase di spinta. In questo senso, appoggiare “di mesopeiede” o “di avampiede” può risultare più efficiente, soprattutto a velocità elevate. Tuttavia, non è detto che l’appoggio di tallone sia sempre da evitare.
Quando l’appoggio di tallone è problematico
Il problema dell’appoggio di tallone non è tanto il punto di contatto, quanto il modo in cui avviene. Se il piede tocca terra con il tallone in modo rigido, con la gamba completamente estesa e un angolo del ginocchio molto ampio (gli studi indicano come riferimento 150°), si crea un impatto diretto che può stressare le articolazioni, in particolare ginocchio e anca.
In questi casi, il rischio di infortuni aumenta. Il corpo non riesce ad assorbire correttamente le forze di impatto e il carico si trasferisce in modo poco armonico lungo la catena cinetica. Se il runner è soggetto a dolori articolari, tendiniti o problemi posturali, è opportuno valutare un intervento tecnico per modificare il gesto.
Al contrario, se l’appoggio di tallone è accompagnato da una rullata fluida, un angolo del ginocchio contenuto e una buona postura, potrebbe non essere necessario intervenire. La corsa è un gesto personale, e ogni modifica deve essere ponderata con attenzione.
Le cause dell’appoggio posteriore
Per correggere un gesto tecnico, bisogna prima comprenderne le cause. L’appoggio di tallone non dipende solo dal piede, ma da una serie di fattori che coinvolgono tutto il corpo. Tra questi, la postura generale, la forza muscolare, la mobilità articolare, la resistenza tendinea e la tecnica di corsa.
Una postura inclinata all’indietro, ad esempio, porta naturalmente a un appoggio posteriore. La mancanza di forza nei muscoli posteriori della coscia e nei glutei può impedire una spinta efficace, costringendo il piede a cercare stabilità nel tallone. Anche la rigidità della caviglia e del piede può influenzare il tipo di appoggio.
Inoltre, la velocità di corsa è un fattore determinante. A ritmi lenti, è più probabile che il piede appoggi di tallone, mentre a velocità elevate l’appoggio tende a spostarsi in avanti. Questo dimostra che l’appoggio non è un elemento fisso, ma dinamico, che cambia in base alle condizioni.
Come intervenire: gradualità e consapevolezza
Modificare il gesto della corsa è possibile, ma richiede tempo, pazienza e un approccio graduale. Intervenire in modo brusco può causare un effetto domino, generando nuovi problemi in altre aree del corpo. Per questo motivo, ogni cambiamento deve essere accompagnato da un lavoro mirato sulla tecnica, sulla forza e sulla mobilità.
Un percorso di rieducazione del passo può includere esercizi di postura, esercizi tecnici, potenziamento muscolare e lavoro sulla rigidità tendinea. L’obiettivo non è solo spostare l’appoggio ma migliorare l’efficienza globale del gesto. In alcuni casi, può essere utile l’uso di video analisi o di strumenti biomeccanici per monitorare i progressi.
Il ruolo delle scarpe: protezione o ostacolo?
Le scarpe da running influenzano in modo significativo l’appoggio del piede. I modelli con drop elevato (differenza tra tallone e avampiede) tendono a favorire l’appoggio di tallone, mentre le scarpe minimaliste o a basso drop incentivano un appoggio più avanzato.
Tuttavia, passare da una scarpa ammortizzata a una minimalista non è una soluzione automatica. Il corpo deve adattarsi gradualmente, e il rischio di infortuni aumenta se il cambiamento è troppo rapido. Anche in questo caso, la regola è la gradualità.
La scelta della scarpa deve essere personalizzata, basata sulla struttura fisica, sul tipo di corsa, sul terreno e sugli obiettivi dell’atleta. Non esiste una scarpa “migliore” in assoluto, ma quella più adatta ad ogni runner (trova qui quella che fa più per te).
Appoggio e performance: cosa dice la scienza
Numerosi studi hanno analizzato la relazione tra tipo di appoggio e performance. In generale, possiamo dire che l’appoggio sull’avampiede è associato a una maggiore efficienza energetica, soprattutto nelle distanze brevi e nelle gare veloci. Tuttavia, l’appoggio di tallone non è necessariamente penalizzante nelle lunghe distanze, dove la gestione dello sforzo e la resistenza giocano un ruolo più importante.
La biomeccanica ideale è quella che permette di correre in modo economico, riducendo il dispendio energetico e il rischio di infortuni. In questo senso, l’appoggio è solo una componente di un sistema più ampio, che include postura, cadenza, ampiezza del passo, oscillazione verticale e stabilità del core.
Correre bene è un equilibrio
L’appoggio di tallone nella corsa non è un errore da correggere a tutti i costi, ma un elemento da valutare nel contesto globale del gesto atletico. In alcuni casi può essere funzionale, in altri può rappresentare un rischio. La chiave è l’equilibrio: conoscere il proprio corpo, ascoltare le sensazioni, monitorare i segnali e intervenire con consapevolezza.
La corsa è un gesto naturale, ma anche tecnico. Migliorarla significa lavorare su sé stessi, con pazienza e metodo. E ricordare che ogni passo, anche quello di tallone, può essere il primo verso una corsa più efficiente, più sicura e più soddisfacente.