Avete mai vissuto quei “terribili” momenti pre-gara, e a volte anche durante la gara, nei quali dover correre velocemente al bagno per problemi intestinali? E’ capitato a tutti. C’è un modo per combatterli, ma potrebbero essere anche sintomi di un problema più grande…
La dieta FODMAP nasce nei laboratori della Monash University, in Australia, grazie al lavoro pionieristico dei ricercatori Peter Gibson e Sue Shepherd. Questo protocollo alimentare è stato sviluppato con l’obiettivo di alleviare i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile (IBS, Irritable Bowel Syndrome), una condizione che colpisce circa il 15% della popolazione mondiale.
Il principio alla base della dieta è semplice ma scientificamente solido: alcuni zuccheri presenti negli alimenti non vengono completamente assorbiti dall’intestino tenue e, fermentando nel colon, possono causare gonfiore, dolore addominale, diarrea o stipsi. Questi zuccheri sono noti con l’acronimo FODMAP, che sta per Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides And Polyols.
Un protocollo da seguire con attenzione
È fondamentale sottolineare che la dieta FODMAP non è una dieta da intraprendere in autonomia. Si tratta di un protocollo clinico che richiede la supervisione di un gastroenterologo e di un dietista specializzato. Prima di iniziare, è necessario escludere altre patologie come la celiachia, l’intolleranza al lattosio o condizioni più gravi che potrebbero mascherarsi dietro sintomi simili a quelli dell’IBS.
Gli esperti parlano di “red flags”, segnali d’allarme che non devono essere ignorati. Procedere con una dieta restrittiva senza una diagnosi accurata potrebbe ritardare l’individuazione di patologie più serie.
Le tre fasi della dieta FODMAP
Il protocollo FODMAP si articola in tre fasi distinte. La prima è la fase di eliminazione, che dura da due a sei settimane. In questo periodo si evitano tutti gli alimenti ad alto contenuto di FODMAP per ridurre i sintomi intestinali. È una fase delicata, ma necessaria per “resettare” l’intestino.
Segue la fase di reintroduzione, che può durare dalle sei alle otto settimane. In questa fase, si reintroducono gradualmente i vari gruppi di zuccheri FODMAP, uno alla volta, per identificare quali sono quelli che causano fastidi. La Monash University ha recentemente aggiornato le linee guida per questa fase, rivedendo i cibi consigliati per i test di tolleranza in base a nuove analisi di laboratorio.
Infine, si arriva alla fase di mantenimento o “lifestyle”, in cui si costruisce una dieta personalizzata e sostenibile nel lungo termine, basata sulle tolleranze individuali.
Per facilitare l’adesione al protocollo, la Monash University ha sviluppato un’applicazione mobile che utilizza un sistema a semaforo per classificare gli alimenti. Il verde indica cibi sicuri, il giallo quelli da consumare con moderazione, e il rosso quelli da evitare. L’app fornisce anche informazioni dettagliate sui tipi di zuccheri presenti e sulle quantità tollerabili, rendendo più semplice la gestione quotidiana della dieta.
Alimenti da conoscere: tra sicuri e problematici
Alcuni alimenti sono naturalmente privi di FODMAP e possono essere consumati senza preoccupazioni. Tra questi troviamo le proteine animali come carne, pesce e uova. Anche alcune varietà di frutta e verdura sono considerate sicure: fragole, mirtilli, kiwi, agrumi, zucchine, carote e fagiolini sono esempi di alimenti a basso contenuto di FODMAP.
Al contrario, ci sono cibi che contengono elevate quantità di questi zuccheri fermentabili e che spesso scatenano i sintomi dell’IBS. Tra i più noti ci sono aglio, cipolla, mele, pere, cavolfiore, broccoli, legumi e latticini.
I sei zuccheri principali che possono innescare i sintomi sono: fruttosio, lattosio, mannitolo, sorbitolo, GOS (galatto-oligosaccaridi) e fruttani. Incrociando i dati raccolti durante la fase di reintroduzione, è possibile individuare quali di questi zuccheri sono più problematici per ciascun individuo.
Un percorso verso la consapevolezza alimentare
L’obiettivo finale della dieta FODMAP non è l’eliminazione permanente di interi gruppi alimentari, ma la costruzione di una dieta varia e bilanciata, che tenga conto delle specifiche sensibilità individuali. Alla fine del percorso, molte persone riescono a reintrodurre una buona parte degli alimenti inizialmente esclusi, migliorando la qualità della vita e riducendo l’ansia legata al cibo.
Essere consapevoli di ciò che si può o non si può mangiare è un vantaggio, soprattutto in contesti sociali o durante i viaggi. Sapere come gestire la propria alimentazione permette di evitare spiacevoli sorprese e di vivere con maggiore serenità.
I sintomi dell’IBS e le diagnosi differenziali
La diagnosi di IBS si basa sui criteri di Roma IV, una guida internazionale aggiornata nel 2016. I sintomi possono variare da persona a persona e includono dolore addominale, gonfiore, diarrea, stipsi o alternanza tra le due condizioni.
È importante ricordare che non tutti i disturbi intestinali sono riconducibili all’IBS. Esistono condizioni come la disbiosi intestinale, la SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth), la leaky gut (iperpermeabilità intestinale) o la candidosi intestinale, che possono presentare sintomi simili ma richiedono approcci terapeutici differenti.
Il ruolo del microbiota intestinale
L’intestino umano ospita circa un chilo e mezzo di batteri, noti collettivamente come microbiota. Questo ecosistema complesso svolge un ruolo fondamentale nella digestione, nella regolazione del sistema immunitario e persino nella salute mentale.
Un’alimentazione ricca di frutta e verdura è essenziale per nutrire i batteri “buoni” e mantenere l’equilibrio del microbiota. Al contrario, un eccesso di zuccheri raffinati o alimenti processati può favorire la proliferazione di batteri patogeni, contribuendo all’insorgenza di disturbi intestinali.
FODMAP e sport: un binomio strategico
Anche per gli sportivi la gestione dei FODMAP può fare la differenza. Prima di una gara o di un allenamento intenso, è importante evitare alimenti che possano causare gonfiore o disturbi intestinali. Un intestino “leggero” migliora l’assorbimento di acqua e carboidrati, ottimizzando la performance.
Inoltre, esiste un legame diretto tra intestino e cervello, noto come asse intestino-cervello. Lo stress pre-gara può influenzare la motilità intestinale e amplificare i sintomi dell’IBS. In questi casi, una dieta a basso contenuto di FODMAP nei giorni precedenti l’evento sportivo può contribuire a mantenere l’equilibrio gastrointestinale.
Per concludere, la dieta FODMAP rappresenta uno strumento potente e scientificamente validato per la gestione della sindrome dell’intestino irritabile. Non si tratta di una moda alimentare, ma di un protocollo clinico che richiede competenza, pazienza e personalizzazione.
Grazie al supporto di professionisti qualificati e all’uso di strumenti digitali come l’app Monash FODMAP, è possibile affrontare con maggiore consapevolezza i disturbi intestinali, migliorando la qualità della vita e, in molti casi, ritrovando il piacere di mangiare senza paura. Anche prima di una gara.