Doveva essere una giornata di sport. Invece, la 51ª edizione della Maratona del Mugello si è trasformata in un evento segnato dal dolore. Un runner americano, Gregory Helbig, 69 anni, maratoneta amatore statunitense, è deceduto a seguito di un malore improvviso mentre correva insieme alla figlia lungo il percorso immerso nella bellezza del paesaggio toscano.
Helbig, originario di New York e da quasi quarant’anni appassionato di maratone, si trovava in Italia per partecipare all’evento sportivo che ogni anno richiama centinaia di atleti da tutto il mondo. Il malore è sopraggiunto nel tratto tra l’ingresso dell’autodromo del Mugello e la frazione di Luco. I soccorsi sono stati immediati: volontari, personale medico e l’elisoccorso Pegaso hanno tentato ogni manovra di rianimazione. Dopo un iniziale miglioramento, le condizioni dell’uomo sono peggiorate fino al tragico epilogo.
La notizia ha scosso profondamente la comunità locale e il mondo del podismo. Gli organizzatori della maratona hanno espresso il loro dolore con un messaggio pubblico: “L’organizzazione della Maratona del Mugello, insieme a tutta la comunità, esprime profondo cordoglio e si stringe con affetto alla figlia e alla famiglia. Oggi il Mugello ha celebrato lo sport e la vita, ma porta nel cuore anche il dolore per la perdita di un uomo che ha fatto della corsa la sua passione e il suo viaggio nel mondo. La Maratona del Mugello non dimenticherà Gregory Helbig, e lo ricorderà come parte della sua storia”.
Visita medica, un obbligo tutto italiano
La morte di Helbig riaccende il dibattito sull’obbligatorietà della visita medico-sportiva in Italia. Secondo la normativa vigente, chiunque partecipi a una gara agonistica deve presentare un certificato di idoneità rilasciato da un medico dello sport, con esami specifici come ECG sotto sforzo, spirometria ed esame delle urine. Tuttavia, gli atleti stranieri possono partecipare in modalità “non competitiva” firmando una liberatoria, senza obbligo di certificazione medica.
Questa disparità ha sollevato diversi interrogativi. Da un lato, si cerca di incentivare il turismo sportivo e rendere le maratone italiane più accessibili; dall’altro, si teme che la mancanza di controlli possa mettere a rischio la salute degli atleti.
L’Italia, unica al mondo per rigore legislativo in ambito sportivo, ha scelto di tutelare la salute degli atleti con protocolli medici obbligatori. Ma è giusto che questa tutela valga solo per i cittadini italiani? E che gli stranieri possano correre senza alcun controllo, pur condividendo lo stesso percorso e gli stessi rischi?