La tecnologia delle scarpe da corsa sta vivendo una rivoluzione silenziosa ma profonda. Se fino a pochi anni fa la scelta della scarpa da gara era una questione di comfort e preferenze personali, oggi è diventata una variabile strategica, capace di influenzare in modo concreto le prestazioni. Le cosiddette “super scarpe” possono migliorare l’economia di corsa fino al 4%, traducendosi in minuti risparmiati su una maratona.
Negli ultimi dieci anni, la tecnologia delle calzature ha accelerato come mai prima. Piastre in carbonio, geometrie avanzate e soprattutto nuove schiume hanno trasformato le scarpe da corsa in veri e propri strumenti biomeccanici. E ora, una nuova schiuma sta scalzando il precedente standard: l’A-TPU.
Dall’EVA al PEBA: una storia di evoluzione
Le prime scarpe da corsa erano poco più che strati di gomma pesante, con scarsa ammortizzazione. Tutto cambiò nei primi anni ’70, quando Tiger, con l’aiuto di Bill Bowerman (futuro cofondatore di Nike), introdusse uno strato di gomma più morbida sotto il piede, con extra imbottitura sul tallone. Nacque così l’intersuola, rivoluzionando il settore.
Con la crescente domanda di comfort, Jerry Turner, allora presidente di Brooks, cercò una soluzione migliore. Grazie al fornitore di gomma, scoprì l’EVA (etilene vinil acetato), una schiuma leggera, reattiva e durevole. La Brooks Villanova del 1975 fu la prima scarpa con intersuola in EVA, aprendo la strada a un’adozione di tutti gli altri brand.
Per oltre quarant’anni, l’EVA ha dominato, con poche eccezioni in poliuretano (PU). Ma nel 2013 Adidas ha lanciato il Boost, una schiuma a base di perle di TPU espanso, che offriva maggiore morbidezza, risposta e durata. Il Boost univa due qualità prima incompatibili: ammortizzazione e reattività. Il suo unico limite era il peso superiore all’EVA. Tuttavia, Boost segnò la fine del monopolio EVA e introdusse il concetto di “ritorno di energia”.
La nascita della “super schiuma”
Nel 2017 è di nuovo il turno di Nike, che lancia la Vaporfly 4%, dichiarando un miglioramento dell’economia di corsa del 4%, dando il via a una rivoluzione nel design delle scarpe da corsa. Il cuore della Vaporfly era una spessa intersuola in PEBA (elastomero a blocchi di poliammide), abbinata a una piastra in fibra di carbonio curva e rigida. Inizialmente si pensava che fosse la piastra a fare la differenza, ma la ricerca dimostrò che il vero vantaggio derivava dalla sinergia tra la schiuma ultra-reattiva e la piastra, che ne modulava la compressione e ne amplificava il rimbalzo.
Il PEBA offriva una resilienza eccezionale e una morbidezza mai vista, con una sensazione elastica simile a un trampolino, pur essendo più leggero di qualsiasi altro materiale. E non passò molto prima che tutti gli altri marchi adottassero il PEBA nei loro modelli da gara.
A-TPU: la nuova frontiera delle super scarpe da corsa
Due anni fa, il team di ricerca e sviluppo di Puma si è posto una domanda cruciale: quale sarebbe stato il prossimo passo dopo il PEBA? La risposta è arrivata dai laboratori dell’azienda, dove è iniziata la sperimentazione di un nuovo composto: il TPU alifatico, meglio noto come A-TPU.
Questa nuova schiuma rappresenta un’evoluzione significativa rispetto al TPU tradizionale. Mantiene la sua reattività, ma si distingue per una maggiore leggerezza, una consistenza più uniforme e un ritorno energetico superiore di oltre il 3% rispetto al PEBA. Un dato che, tradotto in termini pratici, significa che un maratoneta che punta a completare la gara in tre ore potrebbe risparmiare quasi cinque minuti sul tempo finale. Un vantaggio non da poco.
Convinta del potenziale di questa nuova tecnologia, Puma ha deciso di puntare tutto sull’A-TPU, integrandolo nei suoi modelli di punta. La schiuma è stata adottata nella Fast-R Nitro Elite 3, nella Deviate Nitro Elite 3 e persino nella versione da trail, la Deviate Nitro Elite Trail. Queste scarpe non solo offrono prestazioni elevate, ma rappresentano anche un cambio di paradigma nella progettazione delle calzature sportive.
La vera rivoluzione, infatti, non risiede soltanto nel materiale. Puma ha abbandonato i metodi tradizionali di prototipazione fisica, affidandosi a un processo di progettazione completamente digitale. Attraverso simulazioni biomeccaniche avanzate e tecniche di analisi agli elementi finiti, gli ingegneri sono riusciti a ottimizzare ogni componente della scarpa.
Questo approccio ha permesso di ridurre il peso complessivo, migliorare la stabilità e massimizzare il ritorno energetico. La disposizione della schiuma, la rigidità della piastra in carbonio e la geometria dell’intersuola sono stati calibrati con precisione millimetrica per garantire una spinta fluida e potente, riducendo al minimo lo sforzo muscolare durante la corsa.
Asics segue Puma: nasce FF Leap
Anche Asics ha riconosciuto il potenziale dell’A-TPU e ha sviluppato una propria versione della schiuma, denominata FF Leap. I dati parlano chiaro: rispetto alla miscela PEBA utilizzata in FF Turbo, FF Leap risulta il 15% più leggera, il 13,7% più elastica e il 30% più morbida. Queste caratteristiche si traducono in una corsa più fluida, reattiva e confortevole.
La nuova mescola è stata introdotta nei modelli di punta della casa giapponese: Metaspeed Ray, Metaspeed Sky e Metaspeed Edge. Scarpe pensate per atleti di alto livello, ma che promettono benefici tangibili anche per gli amatori evoluti.
PEBA: fine di un’era o nuova evoluzione?
Nonostante l’ascesa dell’A-TPU, il PEBA non è ancora pronto a cedere il passo. Alcuni brand stanno lavorando a nuove formulazioni per migliorarne la durata e la reattività. Tuttavia, studi recenti hanno evidenziato un limite importante: dopo circa 450 chilometri di utilizzo, le scarpe con intersuola in PEBA tendono a perdere parte della loro efficienza, avvicinandosi alle prestazioni dell’EVA, il materiale che ha dominato il mercato per decenni.
Questa evidenza apre la strada a nuove ricerche e possibili evoluzioni. Il PEBA potrebbe essere migliorato, reso più resistente o combinato con altri materiali per mantenere le sue prestazioni nel tempo.
La direzione intrapresa da Puma e Asics suggerisce che il futuro delle scarpe da corsa non sarà determinato solo dai materiali, ma anche dalla capacità di personalizzare ogni modello in base alle caratteristiche biomeccaniche dell’atleta. L’uso di simulazioni digitali e progettazione computazionale permette di modellare la scarpa attorno al piede, alla falcata e al tipo di corsa di ciascun runner. In prospettiva, potremmo assistere alla nascita di scarpe “su misura”, progettate per massimizzare le prestazioni individuali. Un’evoluzione che potrebbe rivoluzionare non solo il mondo delle competizioni, ma anche quello dell’allenamento quotidiano.