Per anni, Strava e Garmin hanno rappresentato una delle sinergie più solide nel panorama dello sport tech. Da una parte, la piattaforma social per atleti più popolare al mondo; dall’altra, il colosso dei dispositivi GPS per sportivi. Milioni di utenti hanno beneficiato di un’integrazione fluida tra i due ecosistemi, caricando le proprie attività da sportwatch e accessori Garmin direttamente su Strava. Ma da qualche giorno, questa alleanza sta scricchiolando ed è finita in tribunale.
Lo scorso 30 settembre, Strava ha intentato una causa contro Garmin presso la Corte Distrettuale del Colorado, accusando l’azienda di aver violato diversi brevetti e un accordo di cooperazione firmato nel 2015. Al centro della disputa ci sono due funzionalità chiave: i “segmenti” e le “heatmap”, strumenti che permettono agli utenti di confrontare le proprie performance su tratti di percorso e di visualizzare le aree più frequentate per l’attività fisica.
I brevetti contesi e l’accordo del 2015
Strava sostiene che Garmin abbia copiato e implementato in modo illecito le sue tecnologie brevettate. Il brevetto sui segmenti risale al 2011 (concesso nel 2015), mentre quelli relativi alle heatmap e al routing basato sulla popolarità sono stati registrati tra il 2014 e il 2017. Secondo l’accusa, Garmin avrebbe utilizzato queste tecnologie per sviluppare funzionalità simili all’interno della propria piattaforma Garmin Connect, violando così il Master Cooperation Agreement (MCA) firmato nel 2015, che regolava l’uso dei “Strava Live Segments” sui dispositivi Garmin.
Strava afferma che Garmin abbia sfruttato l’accesso concesso per studiare e replicare le sue soluzioni, rilasciandole poi come proprie. Un’accusa che, se confermata, potrebbe costare caro a Garmin: Strava chiede infatti un’ingiunzione permanente che vieti la vendita di dispositivi contenenti le funzionalità contestate, tra cui le serie Edge, Forerunner, Fenix ed Epix.
Una battaglia che va oltre i brevetti
Dietro la causa legale si nasconde una tensione più profonda, maturata nel tempo. Già nel 2024, Strava aveva modificato le proprie API penalizzando molte app di terze parti, tra cui Garmin. Quest’ultima aveva reagito accusando Strava di utilizzare i dati degli utenti per addestrare sistemi di intelligenza artificiale senza trasparenza.
Ma la vera scintilla sembra essere arrivata nel luglio 2025, quando Garmin ha annunciato nuove linee guida per gli sviluppatori: a partire dal 1° novembre, ogni contenuto derivato dai dati raccolti con dispositivi Garmin dovrà riportare obbligatoriamente il logo dell’azienda. Strava ha interpretato questa mossa come una forma di pubblicità forzata, ritenendola lesiva dell’esperienza utente e della libertà di condivisione dei dati personali.
Gli utenti al centro della tempesta
La domanda che molti si pongono è: cosa succederà ora agli utenti che utilizzano entrambi i servizi? Per il momento, sia Strava che Garmin hanno rassicurato che la sincronizzazione dei dati non verrà interrotta. Tuttavia, se la disputa dovesse degenerare, non si possono escludere scenari più drastici, come restrizioni incrociate sulle API o la rimozione di funzionalità chiave dai dispositivi Garmin.
Il rischio c’è: Strava dipende fortemente dai dati provenienti dai dispositivi Garmin, mentre Garmin ha costruito parte del suo appeal proprio sull’integrazione con la piattaforma social. Una rottura definitiva danneggerebbe entrambi, ma soprattutto gli utenti, che si troverebbero privati di un’esperienza digitale integrata e ormai consolidata.
Strava e Garmin non sono più solo fornitori di hardware o software: sono diventati ecosistemi digitali complessi, con servizi premium, strategie di branding e controllo dei dati. La battaglia legale riflette la crescente competizione per il dominio nel mondo del fitness tech, dove la proprietà dei dati e l’esperienza utente sono diventati asset strategici.
Il procedimento legale potrebbe durare mesi, se non anni. Nel frattempo, resta aperta la possibilità di un accordo extragiudiziale, magari con una licenza d’uso dei brevetti o una nuova forma di collaborazione. Ma se le posizioni dovessero irrigidirsi, lo scontro potrebbe ridefinire le regole del gioco per l’intero settore.